Vincent e Alice e Alice – Shane Jones

di Davide Morresi


Se potessi vivere due vite contemporaneamente, una costruita su misura per te, in cui gioire dei successi che non hai potuto raggiungere, e l’altra reale, fatta del solito lavoro alienante e della routine alla quale ti sei assuefatto, lo faresti?
Se ti proponessero di vivere in una bugia creata a partire dai, e per soddisfare i, tuoi bisogni subconsci, finalizzata alla tua gratificazione personale, con il fine dichiarato di renderti un modello lavorativo dagli alti livelli di produttività, riusciresti a sopportare la consapevolezza che le tue soddisfazioni si basano su una vita fittizia?

Queste sono le domande che si pone Shane Jones nel romanzo Vincent e Alice e Alice.

Il protagonista Vincent si trova di fronte a una scelta che ricorda la dicotomia tra pillola rossa o azzurra di Matrix. “Pillola azzurra, fine della storia, domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie e vedrai quant’è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo, niente di più” diceva Morpheus a Neo. Ed è all’incirca quello che propone Dorian Blood a Vincent in questo romanzo.

Vincent è un impiegato statale. Odia il suo lavoro, fatto di risme di carta, e-mail inutili che cestina con estrema lentezza per far passare la giornata, e feste insulse per i compleanni dei colleghi di ufficio. Ha un amico, semplicemente chiamato A. (Anziano), che vive in una vecchia Pontiac in strada. Ha un cane, Rudy, che viene rapito dalla sua auto mentre lui è a fare la spesa. Ed ha un’ossessione di nome Alice, la sua ex moglie, dalla quale ha divorziato e che non riesce togliersi dalla testa.
Quella di Vincent è un’esistenza nulla, alienata dal lavoro (è facile pensare al Charlie Chaplin di Tempi moderni) e massacrata sentimentalmente (l’intera storia fa venire in mente il film Her/Lei con Joaquin Phoenix).

Alice diceva che io ero incapace di vivere nella realtà. Diceva che passavo troppo tempo nella mia testa, che era una cosa impossibile perché la mia realtà era Alice, era pianificare i nostri giorni insieme. Passavamo i fine settimana a letto a mangiare sushi, a leggere le prime dieci pagine di romanzi, ad abbuffarci di programmi, a dormire senza orari, senza regole, senza linee guida, senza il senso del tempo. Ogni qual volta la mia immaginazione vagava, includeva sempre lei.

Vincent è alla ricerca di un significato per la propria vita. Pensava di averlo trovato in Alice, ma si sbagliava.
Alice lo ha lasciato per trasferirsi in altra città, condizione necessaria per una promozione al lavoro. Vincent non era disposto a trasferirsi con lei. Lui voleva rimanere ad A-Ville per raggiungere il suo obiettivo: 30 anni di contributi. È questo il traguardo che gli permetterà di ritirarsi con la pensione d’oro destinata agli statali. Se si fosse trasferito, avrebbe perso gli anni già accumulati, dieci, un terzo del percorso.

Dopo il divorzio, Vincent diventa apatico. A una festa aziendale, proprio mentre sta per iniziare un discorso alla platea, sviene. Il suo capo lo “aiuta” a riposarsi relegandolo a casa in smart working. Vincent si aliena anche di più: se prima non aveva stimoli e passava il tempo a cancellare le mail e contare i secondi, ora, da casa, la sua percezione di nullità del proprio lavoro aumenta ulteriormente.

La svolta arriva con Dorian Blood. Questa figura enigmatica propone a Vincent di partecipare a un innovativo percorso mentale chiamato PRQ, acronimo che sta per “Pattuglia per la Ripetizione Quotidiana”, che promette di aumentare la produttività lavorativa attraverso l’apertura del Portale, uno spazio che consentirebbe a Vincent di inserire nella vita elementi presi dal suo subconscio e, attraverso essi, raggiungere una condizione di felicità. Vincent accetta.
Il PRQ prevede un elenco di regole molto simile al decalogo di una grande azienda, quelle frasi fatte con le quali le imprese, di solito le multinazionali, ma sempre di più anche le piccole e medie ditte locali, per osmosi e imitazione, istruiscono e di fatto impongono una serie di norme culturali e comportamentali ai dipendenti.
Seguono due settimane di training in cui Vincent viene riaccolto nella sede di lavoro e si adopera con assiduità nella propria attività. Questa fase viene identificata con capitoli brevissimi, anche di una sola frase, a sottolineare quanto Vincent fosse immerso in questo percorso, con una fiducia totale riposta nella vita ideale promessa alla fine.

Mi siedo nella Zona e lavoro senza pausa e senza pronunciare una parola.

I dialoghi sono studiati con precisione e spesso contengono frasi brevi, veloci, ad effetto. Ne sono un esempio le due battute seguenti, estratte dal colloquio in cui Dorian Bloom spiega il PRQ a Vincent.

“Come farò a capire cosa è reale e cosa non lo è?”
“Ce lo chiedono in tanti, ma a questo punto della tua vita ha davvero importanza?”

Nella condizione che viviamo in questo periodo, in cui il sistema al quale siamo abituati è del tutto saltato e ognuno di noi è preoccupato del proprio futuro lavorativo, l’accusa per nulla velata di Shane Jones alla finzione sociale costruita per renderci produttivi assume connotati angoscianti: i giorni diventano ostacoli e non opportunità, le nostre preziose vite vengono messe in disparte in un batter d’ali nel momento in cui non sono più redditizie, qualsiasi sia il motivo: un calo della concentrazione per eventi privati nel libro, il venir meno della nostra utilità lavorativa a causa di un blocco pandemico nell’attuale situazione. Una realtà già minata dai cambiamenti climatici diventa ora ancor più cupa, giorno dopo giorno, mano a mano che si prende consapevolezza che il mondo come lo conoscevamo prima potrebbe non esistere più. Ed ecco che la riflessione sulla valenza del lavoro, quello stesso lavoro su cui si basa buona parte delle nostre vite, fino al punto di influire in modo sostanziale su molte nostre decisioni, comprese quelle sentimentali (nel romanzo il divorzio è diretta conseguenza di una scelta lavorativa), apre a nuovi scenari e nuovi significati.

Dal suo punto di vista il motivo per cui il nostro matrimonio era finito non era che non riuscissi a soddisfarla sessualmente, ma che avevo smesso di connettere. Diceva che non ero lì con lei mentalmente perché o stavo andando al lavoro, o ero al lavoro, o stavo tornando dal lavoro, o avevo il cervello spento per essere stato al lavoro per 8 ore. Le domeniche erano passate a prepararmi per il lavoro. Mi resi presto conto di qualcosa che mi fece orrore: dormivo dalle 9 alle 5 e lavoravo dalle 9 alle 5.

Al termine dell’ultima giornata di lavoro del periodo di iniziazione, Vincent torna a casa e ci trova Alice. Una Alice anomala, che si comporta come se il divorzio non fosse mai accaduto. Vincent mette alla prova Alice in più modi per concludere che si tratta di una entità reale: Alice è presente, può toccarla, cucina, dorme con lui. Non si capisce bene se sia visibile anche alle altre persone o al solo Vincent. Ma poco conta: è quello che Vincent voleva nella sua vita: Alice al suo fianco.
Sembra tutto perfetto, fino a quando nei pensieri di Vincent entrano in conflitto le due entità di Alice: quella che ora è al suo fianco, creata dal Portale, e quella che era con lui in passato, dalla quale ha divorziato. Vincent fatica a identificare la Alice attuale con quella del passato. Ma, in qualche modo, ora si sente meglio di prima. Quindi sopporta le stranezze della nuova Alice e ignora i propri dubbi.
La situazione si complica quando la vera Alice, o forse è meglio dire la Alice n. 1, quella dei tempi che furono, ritorna in carne e ossa. Sarà presto ad A-Ville per motivi lavorativi (ed ecco come il lavoro torna a determinare le dinamiche relazionali, in questo caso un riavvicinamento non solo sentimentale, ma anche geografico e fisico, tra due persone). E metterà Vincent di fronte a una scelta necessaria: è meglio evitare il dolore vivendo una comoda illusione o affrontarlo combattendo contro la realtà?

In Vincent, Alice e Alice, Jones affronta temi attuali e moderni: i meccanismi disperati della mente umana per contrastare e sopportare il dolore; l’alienazione vissuta da milioni di impiegati, che sempre più sono i bulloni di un ingranaggio (da tempo si parla dei colletti bianchi come dei nuovi operai di catena), scorporati di qualsiasi possibilità di intervento nei processi in cui sono inseriti, al punto che di fronte alla burocrazia viene messa in discussione ogni possibilità di cambiamento; le modalità con cui un individuo si adatta alla sterile fatica del lavoro. Non ultimo, Jones si chiede fino a che punto tutti i temi sopra affrontati influenzano l’amore. Come amiamo gli altri? Come li trattiamo? Cosa gli chiediamo? Cosa siamo disposti a perdere per loro?

Un libro piacevole, ironico, che si lascia leggere con leggerezza, ma non per questo con facilità. Solleva argomenti attuali, spinosi, fastidiosi.
La narrazione è carica di arguti aforismi, tanto cari al mondo social di oggi.

Le musiche citate sono legate alle scene del romanzo. Here comes the sun, brano allegro e spensierato fa da soundtrack allo svenimento di Vincent bambino in una festa scolastica, quando sua madre a casa ascoltava i Guns N’ Roses; Dave Matthews viene suonato alla chitarra dal vicino di casa; Kid Rock è ascoltato ad alto volume dai vicini di stanza di hotel di Alice e Vincent.
E una canzone per bambini che fa così:

All together now
Raise your voices to the sky
Magic will happen here somehow
If we’re all together now

che il protagonista ha bene in mente in una delle scene finali. Purtroppo non sono riuscito a trovare questo brano in nessuna piattaforma musicale, per questo è purtroppo un illustro assente nella playlist.

Editore: Pidgin Edizioni

Ascolta la colonna sonora: https://open.spotify.com/playlist/5IjV4Z7qNNvYpvERJOqZB0?si=ul_sUAysQXiGGPTaTP1-GQ

La colonna sonora di “Vincent e Alice e Alice” di Shane Jones
  1. Here comes the sun – The Beatles
  2. Gold dust woman – Fleetwood Mac
  3. Crash into me – Dave Matthews Band
  4. Born Free – Kid Rock
  5. Unfaithful – Carlos Marquez
  6. Live and let die – Guns N’ Roses