di Cristina Cantiani
Il romanzo d’esordio di Valentina Morelli ci conduce in due mondi diversi, paralleli, che sembrano (forse) non incontrarsi mai.
La trama
Da una parte c’è Saro, ragazzino timido di Catania, con il suo “mal d’amore” tipico della sua età. Vuole conquistare a tutti i costi la sua Madonna, Agata, la compagna di scuola per cui perde letteralmente la testa dopo averla vista a una processione religiosa una sera in città. Lo colpiscono subito i folti capelli ricci, la risata che definisce d’argento e una bellezza eterea che la fa, appunto, sembrare una divinità. Saro, mentre sta per andare ad incontrarla, descrive così il suo entusiasmo:
Potrà guardarla, parlarle, farla ridere, e chissà, magari baciare quelle labbra di saponaria, accarezzare gli anellini che sfuggono dal fermaglio, bere in un sorso la risata d’argento che stavolta sarà tutta per lui.
Dall’altra parte, in parallelo, c’è l’uomo senza nome, colui che parte da Milano e ridiscende l’Italia con ogni mezzo di fortuna. Sappiamo pochissime cose di lui. Solo che è diretto al Sud, verso casa (in Sicilia) e che è un emarginato: non ha soldi, dorme sui treni e ha un’ossessione per la pulizia. Questo personaggio instilla sin da subito curiosità; così diverso da Saro, senza punti in comune, sembra semplicemente un pazzo vagabondo senza passato, senza scopi precisi. Come unico bagaglio uno zaino da cui non si separa mai:
Sul divano, l’intero contenuto dello zaino: i pochi vestiti, piegati, ciò che resta della saponetta al centro dell’asciugamano quasi azzurro, il sacchetto delle monete, le buste, […], diciotto quadernetti impilati uno sopra l’altro e, in cima, come la stella di un albero di Natale, la scatola di latta.
E allora ecco che, pagina per pagina, si capisce che in fondo le due storie sono solo espressioni diverse delle nostre piccole o grandi lotte quotidiane. Chi combatte per diventare un uomo, chi per ritrovare qualcosa o sé stesso. A ogni modo l’autrice vuole rappresentare dei centrifugati di vita che emozionano, ci fanno ridere o arrabbiare e nello stesso tempo ci fanno viaggiare assieme ai protagonisti. Il denominatore comune si traduce in come affrontare la vita con tenacia nelle difficoltà che incontriamo innanzi a noi.
Editore: CasaSirio
Perché consiglio “Un avanzo di troppi risvegli”
L’ambientazione catanese della storia di Saro è ben dettagliata e funzionale alle sue vicende. Non solo nella topografia delle vie e delle piazze, ma anche nei sapori e odori tipici della città siciliana. La gastronomia è un elemento ben presente nella trama, anche perché la famiglia di Saro è proprietaria di una rinomata macelleria la cui specialità è la carne di cavallo.
Grazie a questo libro, ti sembra di viaggiare con i personaggi nei loro spazi e nelle loro cucine, piene zeppe di cose buone (da acquolina in bocca). Perché in fondo il cibo fa parte del DNA dell’italiano ed è il mezzo più spesso impiegato quando si tratta di risolvere problemi.
Oltre a questo, i protagonisti sono personaggi che vuoi seguire fino alla fine e che per empatia non vuoi abbandonare. Saro ti commuove, a volte ti fa anche ridere, per questa sua voglia di conquistare Agata e, come per qualsiasi eroe buono, ha un percorso costellato di ostacoli e antagonisti. L’uomo senza nome un po’ spaventa e ti porta a cercare di capire, anche dal più piccolo particolare, quali sono i traumi e le ferite che lo portano in questo assurdo viaggio e ad essere così schivo nei confronti del mondo e della società.
La playlist
La musica nel libro è quasi totalmente dominata dal grande Michael Stipe, leader dei R.E.M. che ha scritto in maniera indiscussa alcune delle pagine più importanti della storia della musica negli anni ‘90 e successivi. In particolare l’autrice sceglie di citare brani dell’album Out of Time del 1991, considerato capolavoro dei R.E.M. e da cui sono usciti alcuni dei singoli più conosciuti del gruppo, ormai diventati grandi classici. Per citarne un paio, sto parlando dell’album con Losing my religion e Shiny Happy People. Saro sembra apprezzare particolarmente Micheal Stipe e i suoi soci. Anche se non sappiamo in che anno preciso sono ambientate le due storie, potremmo proprio pensare agli anni ‘90 o poco dopo. Saro imita Michael canticchiando, lo ascolta mentre studia storia dell’arte e usa le parole delle sue canzoni quasi come fossero profezie del momento. Ovviamente non poteva mancare la lirica tradizionale sicula nella playlist con il brano E vui durmiti ancora, poesia del catanese Giovanni Formisano composta nel 1910 e successivamente tradotta in canzone da Gaetano Emanuel Calì. Questo brano è l’inno della città Sicula e la versione presente nella tracklist è quella interpretata da Andrea Bocelli.
Ascolta la colonna sonora: Un avanzo di troppi risvegli – Valentina Morelli