di Davide Morresi
Prima opera tradotta in italiano di Manuel Moyano, pubblicata da Del Vecchio Editore, Teatro di cenere (il titolo è preso dal microracconto Pórtico, che apre Cuentos de amor y del Norte dello scrittore César Gavela) è una raccolta di cento microracconti dove vita e morte, antico e moderno, mito e realtà, si mischiano in uno straordinario insieme che, seppure nell’estrema brevità della forma narrativa utilizzata, sconvolge e coinvolge l’animo a ogni singolo componimento.
La vita e la morte
La mia vita si può riassumere in due frasi. Ho già sprecato entrambe.
Quello sopra è il più breve. Si intitola Laconismo ed è un chiaro esempio della potenza della scrittura di Manuel Moyano. Come indicato chiaramente nella postfazione, Moyano in due semplici frasi, composte appena da soggetto, verbo e predicato, riesce a far sorridere e inquietare allo stesso tempo.
La constatazione riportata è intensa e amara. L’espressione di una tale consapevolezza, quella di essere riuscito a raggiungere in profondità il nocciolo della questione, diventa sofferenza per la mancanza di tempo e spazio con cui poterla esprimere adeguatamente. Allora non ci resta che ammettere che sì, esiste un livello di profondità del concetto che possiamo raggiungere, comprendere e interiorizzare nel nostro essere, ma sarà pressoché impossibile condividerlo con qualcun altro.
Molti sono i componimenti che ruotano attorno ai temi della vita e della morte, e al concetto di tempo a essi collegato. Ecco allora che in un racconto c’è un defunto che non accetta la sua nuova condizione; in un altro un uomo decede in un letto d’ospedale e, un attimo dopo aver chiuso gli occhi, rivede la luce mentre un medico lo tiene sospeso per le gambe a testa in giù e gli schiaffeggia il sedere.
La sospensione dell’incredulità
La postfazione affronta chiaramente un aspetto: Moyano è straordinariamente capace di sospendere l’incredulità.
I racconti di Teatro di cenere sono veramente micro, da poche righe a una pagina, eppure la loro sinteticità non intacca minimamente il livello di coinvolgimento e di impatto nella lettura. Al contrario.
Sono come delle veloci punture. Prima arriva il cotone, massaggia un po’ la pelle, il muscolo si rilassa, tutto sommato è una sensazione piacevole. Ma sappiamo che da lì a breve arriverà l’ago della siringa che ci bucherà la pelle. Magari non sarà doloroso, senza dubbio sopravviveremo e dopo pochi minuti lo avremo già superato. Ma saperlo lì, l’ago, pronto a penetrare la nostra pelle e causarci quel pizzicore fastidioso, ci pone già in una condizione di diffidenza nei confronti dell’accogliente cotone.
Ed è esattamente quanto accade con un microracconto di Teatro di cenere. Bastano poche parole per entrare nella storia, ma c’è sempre qualcosa che ci farà pensare che… attenzione, forse non è proprio come sembra… c’è qualcosa che non va, cosa succederà ora? ok, procediamo, non posso farne a meno, ma vediamo di metterci tutta la cautela possibile!
Insomma ci prepariamo sin da subito al peggio per non farci troppo male. Sappiamo che l’intero processo durerà pochissimo. Quanto ci vuole a leggere una pagina? Un minuto? Una manciata di secondi? Insomma, il microracconto è qualcosa di velocissimo, quindi non può far troppo male. Magari non farà bene, ma sicuramente non può far male, no?!
E così siamo in ansia, proviamo un fastidio ma oramai ci siamo dentro e non vogliamo tornare indietro, vogliamo arrivare alla fine, quando quel necessario “pic” sancirà la fine del processo. Ed eccolo, l’ago punge la pelle, che si ritrae un po’, poi la penetra e si affonda nel muscolo, e l’anima si riempie.
Ogni microracconto meriterebbe una pausa al suo termine. Dovrebbero scriverlo in copertina, o nella quarta, come si fa per i medicinali: leggere una pagina al giorno, non superare le dosi consigliate. Perché, veramente, si rischia di essere travolti, troppa intensità in così poche parole.
La musica in Teatro di cenere di Manuel Moyano
Ascolta la colonna sonora su Spotify: Teatro di cenere – Manuel Moyano
Non mi aspettavo di trovare molti riferimenti musicali in un libro di microracconti. Eppure… Evidente segno di quanto la musica sia pervasiva e importante per tutta la letteratura, compresi mini componimenti di poche righe come questi.
Ecco allora che conosciamo gli assassini di John Lennon che vogliono evitare un’eventuale reunion dei Beatles, colpevoli di corrompere la gioventù con la loro musica.
Assistiamo alla reincarnazione di Beethoven. Viene creato un suo clone e…
Il neonato fu sottoposto fin dall’inizio alle stesse esperienze vitali dello sfortunato genio: brutalità paterna, ore interminabili di prove al piano, insuccessi amorosi senza fine.
Perché? Per fargli portare a termine la Decima sinfonia, lasciata a metà dal primo Beethoven.
C’è spazio anche per Elvis Presley. Un fortunato fan ha la fortuna di spassarsela per una notte con lui. I due bevono e si divertono fino all’alba, Elvis intona addirittura alcuni brani di Love me tender. Che importa se questo costerà la vita al fan? Vuoi mettere poter trascorrere una notte di baldoria con Elvis?
Il culmine è però per il racconto Mondo effimero, dedicato al musicista Jesús Cutillas, che ha anche musicato il testo. In una nota, il traduttore Antonio Candeloro si chiede se sia stata la musica ad aver ispirato lo scrittore o se sia invece stato il testo ad aver ispirato il musicista. Domanda senza risposta, ma che ben esprime le infinite interconnessioni esistenti tra letteratura e musica, che sono proprio il focus su cui si basa tutto il lavoro di Read and Play.
Peccato non aver trovato nulla on line su questo componimento musicale. Per scoprirlo vi tocca procurarvi il libro, perché un paio di pagine sono dedicate proprio allo spartito con testo.
Tracklist
- Love me tender – Elvis Presley
- Dalla 9 Sinfonia: 4. Presto – Ludwig Van Beethoven
- Let it be – The Beatles
- (non disponibile) Mondo effimero – Jesús Cutillas, Manuel Moyano