Lo spazio tra le note – maggio 2020

Read and Play & Book Advisor
a cura di Cecilia Gariup


In questi ultimi mesi ci siamo dovuti abituare alla quarantena, all’isolamento, al distanziamento sociale e anche alla mascherina. Mentre il tempo là fuori trascorreva sereno ed ignaro di tutto, continuando ad attraversare le nostre vite come se nulla fosse cambiato.

Ad aiutarci a fluire insieme al tempo abbiamo avuto lo spazio tra le parole dei libri e quello tra le note delle nostre canzoni preferite; e siamo così arrivati alla fine di maggio, in un nuovo momento di grandissimo cambiamento.

Tutto il potere della musica che vi ha confortato, divertito, caricato, rattristato e sostenuto in questo maggio di timida e prudente riapertura all’esterno è racchiuso nella nuova playlist di Read and Play & Book Advisor.

Da assumere al bisogno. Nelle dosi necessarie.

Si chiama: Lo spazio tra le note.

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1. Offlaga Disco Pax – Robespierre, scelta da Cecilia Gariup. “Socialismo tascabile” è il titolo dell’album da cui è tratto questo pezzo. L’album è una storia comune come il bene, come il pane comune. È una storia composta da più storie con uno scenario ben preciso: Cavriago, novemila anime alle porte di Reggio Emilia e la parlata ciondolante di Max Collini. Immediato sapore di casa, di pasta all’uovo e, appunto, socialismo. Un’album imprescindibile e d adattissimo alla Festa dei Lavoratori.
2. Janis Joplin – Summertime, scelta da Carmen Benelli. La cover di Janis della famosa aria di Gershwin è presente nel suo secondo album “Cheap thrills”, del 1968. Il brano viene qui reinterpretato in chiave blues-rock, con significativi riarrangiamenti sia nell’intro che nell’assolo.
3. T. Rex – Cosmic Dancer, scelta da Manuela Del Coco. Il brano è tratto da “Electric Warrior”, una delle pietre miliari del glam-rock e della musica tutta. Il brano è una ballata avvolgente, eterea e sognante, in cui spicca il suono dei violini; è stato scelto inoltre per la colonna sonora del film “Billy Elliott”.
4. Jimmy Page – Stairway to heaven, scelta da Lalla Lilli Duosi. Questo pezzo, contenuto nell’album “IV” dei Led Zeppelin, diverrà il passaporto per l’eternità del Dirigibile zeppeliniano. Un brano di ben otto minuti, in cui si susseguono differenti fasi in cui centrale e armonicamente potente è il suono della chitarra di Page. Per la stesura del testo, Robert Plant si ispirò ai miti di “Magic Arts In Celtic Britain”, un libro di Lewis Spence.
5. The Make-up – Little Black Book, scelta da Gaetano Schinocca. I “Make-up” sono uno dei tanti progetti di Ian Svenonius, il quale in questo caso da origine ad un nuovo sedicente sottogenere, il “Gospel yeh yeh“, che annovera tra le sue linee guida orientamento situazionista, adozione di uniformi coordinate in sede di concerto e la rinnovata avversione nei confronti dell’industria culturale dell’“impero yankee”. Svenonius è un buffo signore che, lontano dai riflettori non solo del mainstream ma anche della controcultura più blasonata, ha attraversato gli ultimi trent’anni dispensando lezioni di coerenza etica ed estetica con la sua irresistibile faccia da schiaffi. ADORABILE.
6. Nico – The End, scelta da Alessandro Maspes. Questa cover della canzone dei Doors eseguita da Nico è contenuta in un album che vede la collaborazione della cantautrice canadese con Kevin Ayers, Brian Eno e John Cale. Il disco è la registrazione di un live, ed infatti il titolo del disco, laconicamente, è la data del concerto a cui si riferisce. Un disco tanto raro quanto imperdibile, che mette insieme i colossi del panorama musicale dei seventies.
7. Kraftwerk – Das Model, scelti da Alessandro Maspes con la seguente motivazione: “Oggi bisogna pagare tributo a Florian Schneider, fondatore di un gruppo che cambio per sempre la musica! Rip”. Ed in effetti i Kraftwerk hanno lasciato un segno profondo nella storia della musica, creando un linguaggio pop universale che ha influenzato profondamente interi generi (dalla new wave alla disco, dall’hip hop alla techno).
8. Soundgarden – Like a suicide, scelta da Paola Mazzon. Questo pezzo chiude l’album “Superunknown”, del 1994. L’album è una pietra miliare della storia del grunge e del rock in generale, ed in questo pezzo Kim Thayil, il chitarrista del gruppo, sfodera un assolo bellissimo, indubbiamente il migliore dell’album. A differenza del passato l’hard rock tenebroso e violento del gruppo, pur continuando a essere l’elemento di base, viene addolcito da un discreto uso della melodia, raggiungendo in tal modo il successo di massa.
9. Paolo Nutini – Scream (Funk my life up), scelta da Nunzia Cappucci. Classe 1987, radici per metà scozzesi e per metà toscane, Paolo è protagonista di una folgorante carriera all’insegna di un sound improntato sulle sonorità americane più classiche, dal rock fino alle radici della black music. “Caustic Love”, da cui è tratto il pezzo scelto da Nunzia, è il suo terzo album che lo consacra come grande cantautore di R&B.
10. The Clash – White Riot, scelta da Bob Strummer. Esistono due versioni di questa canzone: l’originale presente nella versione inglese dell’album, e la seconda (registrata con un intro diverso) presente nel singolo e nella versione statunitense dell’album, del 1979. La canzone riprende lo stile dei Ramones. “White Riot” è un pezzo molto potente che condensa in due minuti scarsi una rabbia unica (con tanto di sirena della polizia e vetri rotti nella versione americana)!
11. Aphrodite’s Child – The Four Horsemen, scelta da Guido Fallica. Gli Aphrodite’s Child sono un gruppo greco che, prima dell’uscita dell’album 666, da cui è tratto il pezzo scelto da Guido, si era fatto già conoscere nelle radio europee per vari successi “pop-oriented”. L’album in questione era però profondamente diverso. Il doppio (il cui titolo completo era 666 –The Apocalypse of John, 13/18) risultava essere una sorta di concept album incentrato sull’apocalisse di Giovanni, in costante sospensione tra bene e male, santità ed empietà , salvezza e perdizione, paradiso ed inferno.
12. Verdena – Ho una fissa, scelta da Cecilia Gariup. Il brano è tratto dalla prima parte dell’album “Endkadenz”. Quest’album è un compendio di ritmiche sintetiche, di inusuale (per loro) musicalità e di onnipresente malinconia, che avvolge persino i passaggi più elettricamente magniloquenti, come questa “Ho una fissa”, un instant classic, il primo brano a essere stato composto, e non per niente anche quello che mantiene più saldi i legami con certi Verdena pregressi.
13. The Eagles – Hotel California, scelta da Nicola Vernillo. “Hotel California” esce nel 1976, ed è un disco che esplora il tema della decadenza dell’America, sempre più corrotta dal suo crescente materialismo, attraverso una sottile vena di malinconia e disincanto. Chiave di volta dell’intero lavoro è naturalmente la celeberrima title track, scelta da Nicola: un potente affresco sull’edonismo, sul lusso e sull’autodistruzione dell’alta borghesia losangelina, mascherato da malinconica ballad a base di dodici corde. Il tutto nell’ottica di quell’epos tipicamente West Coast, da cavalcate in paesaggi desertici col vento nei capelli.
14. Paolo Conte – Aguaplano, scelta da Cecilia Gariup che di questa canzone ci dice: “Io oggi sono qui…in un vortice di esotica spensieratezza, che mi riporta all’infanzia. E questo pezzo in particolare ha tutta la potenza narrativa e visuale di una grande opera d’arte, capace di farti viaggiare in mondi lontani e affascinanti.”
15. Manuel Agnelli e Cristina Donà – Mind games, scelta da Helena Effe. La cover del famosissimo brano di John Lennon è qui interpretata dalla voce magica di Cristina Donà e contenuta nell’album Patchanka Viva.
16. Yusuf/Cat Stevens – Father and son, scelta da Emanuela Tesei. “Father and Son” è una conversazione tra un padre che non capisce il desiderio di un figlio di staccarsi e formarsi una nuova vita, e il figlio che non riesce a spiegarsi veramente, ma sa che è tempo per lui di andarsene e cercare il proprio destino. Il cuore della canzone è una delle lezioni più difficili della vita, qualcosa che genitori e figli devono imparare: lasciare andare. Un pezzo di storia della musica che non smette e non smetterà mai di emozionare.
17. Lucio Battisti – La moda nel respiro, scelto da Emilio Reforgiato che dell’album che contiene questo brano ci dice: “Hegel è il 20º ed ultimo album discografico di Lucio Battisti, pubblicato il 29 settembre 1994 dall’etichetta discografica Numero Uno.” Con questo disco Battisti prende definitivamente le distanze dal passato, fatto di canzoni armoniche e cristalline, seppur mai banali, virando verso un synth-pop con una tensione anti-melodica e dalle stratificazioni ritmiche, “storte” e complesse come mai aveva fatto prima d’ora. Decisamente troppo innovativo per il suo pubblico abituale.
18. The Christians – Ideal world, scelta da Nunzia Cappucci. The Christians sono un gruppo musicale soul-pop nato in Scozia nel 1985 ed ancora attivo. Il pezzo scelto da Nunzia si trova nell’album omonimo del 1987, l’album di esordio del gruppo.
19. The Alan Parsons Project – Time, scelta da Lalla Lella Duosi.
The Alan Parsons Project non fu affatto una band, ma un vero e proprio progetto musicale che trovò la propria concretizzazione grazie all’ingegno e la creatività del suo artefice: Alan Parsons. Tecnico del suono, produttore, compositore, arrangiatore e musicista, Parsons diede vita a un poderoso rock sinfonico attraverso il quale ha contribuito notevolmente alla modernizzazione del rock tradizionale, anticipando l’avvento della musica elettronica contemporanea, e fornendo un notevole impulso all’evoluzione delle tecniche di registrazione.
20. The Dead 60s – Riot Radio, scelta da Manuela Del Coco. Riot Radio è il singolo tratto dall’omonimo disco dei Dead 60s, che sono il corrispettivo dei Clash degli anni 2000. I Dead 60s hanno quel classico piglio da punk rocker che amano il reggae e lo ska e si cimentano a mescolare questi suoni con testi altamente politicizzati.
21. Sweet – The Ballroom Blitz, scelta da L.ella Lalla Duosi, che della band ci dice: “Gli Sweet sono uno storico gruppo rock formato a Londra nel 1968. Furono tra i più grandi esponenti del movimento glam rock e hard rock negli anni settanta, e tra i pochi gruppi glam rock che sperimentarono il suono heavy metal in questo decennio, e influenzarono in particolar modo la sottocorrente glam/pop metal, genere nato nei successivi anni ottanta”.
22. Soft Cell – Say Hello, Wave Goodbye, scelta da Manuela Del Coco. Le dieci canzoni che compongono “Non Stop Erotic Cabaret”, tra cui quella scelta da Manuela, sono la perfetta colonna sonora per una passeggiata in un quartiere a luci rosse, l’accompagnamento sonoro del più lascivo porno show di lusso, dove il sesso si manifesta in tutte le sue molteplici forme. “Say Hello, Wave Goodbye” narra della fine del love affair tra una prostituta e un suo cliente che non riesce più a gestire la propria doppia vita e cela le sue insicurezze con la presunzione di essere migliore di lei.
23. Modena City Ramblers – In Un Giorno Di Pioggia, scelta da Paola Mazzon. Il pezzo scelto da Paola apre il bellissimo disco del 1994 dal titolo “Riportando tutto a casa”. In questo disco ci sono un bel talento melodico italiano accompagnato da una mano felice nel fonderlo con quello irish, oltre a una coesione esplosiva che da il meglio di sè nei live.
24. Soerba – I am happy, scelta da Alessandro Oricchio. “I Am Happy” dei Soerba è un brano che nel 1998 portò una ventata di freschezza nel pop italiano e solo a distanza di vent’anni ce ne rendiamo conto. Elettronica sporcata di rock leggermente influenzata dallo stile dei Bluvertigo, la canzone è un inno scanzonato al pop.
25. The Band – The Weight, scelta da Lella Lalla Duosi. La Band, il gruppo che accompagnò Bob Dylan in tour nei 70, è un’originale orchestra acustica, che negli anni ha “predicato” un rock delle radici, ancorato alle tradizioni del Sud e alle leggende della Frontiera. Fino allo scioglimento che ha dato il via alla carriera solista di Robbie Robertson, cantore degli indiani d’America.
26. Gong – Expresso, scelta da Diego Frazzi. Questo brano è contenuto nell’album “gazeuse!” del 1974, che vede la collaborazione dei Gong con il talentuoso chitarrista Allan Holdsworth. La musica di Holdsworth non è facilmente definibile, perché unisce l’aggressività del rock all’accuratezza e all’avventurosità del jazz. Il suo stile composito scaturisce dalle numerose esperienze in gruppi molto diversi, comunque orientati alla ricerca. 
27. Neil Diamond – Sweet Caroline, scelta da Lella Lalla Duosi, che di Neil Diamond ci dice: “Calda e possente voce, dotato di carisma scenico, fra gli anni sessanta e ottanta ha avuto grande seguito e un corrispondente successo di vendite, non disgiunto dall’apprezzamento artistico, testimoniato da diverse celebri cover dei suoi brani più famosi.”
28. Frankie HI-NRG MC – Libri di sangue, scelta da Alessandro Maspes. Il brano è tratto dall’album “Verba Manent”. E già dal titolo, creato con un semplice gioco di parole di un famoso proverbio latino, Frankie HI-NRG esprime un concetto tagliente come la lama di un rasoio: anche la parola, da tanti vista come qualcosa di vaporoso, che va scomparendo già un secondo dopo essere pronunciata, ha il suo valore. Eccome se ce l’ha. L’intero album è un’ode alla parola, vista come un formidabile e devastante mezzo comunicativo sociale. 
29. Elton John – Levon, scelta da Antonio Vernillo. Il brano è contenuto nell’album “Madman across the water” del 1971, dove Elton descrive l’America di quel periodo con poche, decise pennellate di vernice. Quello che rende il tutto così interessante e magico, in questo disco, è che il colore e l’intensità con cui vengono dipinte le nove scene che lo compongono riescono davvero ad incantare l’ascoltatore; tra innumerevoli giochi di luce, improvvisi cambi di tempo, melodie perfette ed arrangiamenti geniali che trasportano inevitabilmente, inesorabilmente, in una sorta di universo parallelo.
30. Ben Harper – With my own two hands, scelta da Lella Lalla Duosi. Il polistrumentista, cantante e compositore californiano così parla della sua passione per la chitarra acustica: “Credo nel suono acustico delle prime chitarre. E’ il rapporto fisico con lo strumento, ma è anche lo spirito della chitarra acustica: ovvero le radici di gran parte della musica americana. La mia musica nasce così, non è una versione unplugged di qualcos’altro: perché acustico ed elettrico, come del resto slide e chitarra normale, sono linguaggi completamente differenti”.
31. Elvis Costello – Less Than Zero, scelta da Davide Morresi con questa motivazione: “Propongo un Elvis Costello d’annata con “Less than zero”. Sistemando alcuni libri mi è tornato in mano “Meno di zero” di Bret Easton Ellis, che tra l’altro ho letto durante la quarantena, e mi è venuto in mente che prende il titolo proprio da questo brano. E così mi sono riascoltato tutto l’album.”