L’albero della vergogna – Ramiro Pinilla

di Lorella Quintabà


All’indomani della vittoria di Franco, il piccolo paesino di Gexto, nei Paesi Baschi, è un luogo paralizzato dalla paura: rappresaglie ed esecuzioni da parte di “quelli della Falange” sono all’ordine del giorno. Ogni resistenza Basca è stata schiacciata e ora i falangisti vanno alla ricerca dei repubblicani oppositori del regime, i cosiddetti “Rossi”, che  vengono portati via in passeggiate dalle quali non si fa più ritorno, oppure fucilati di fronte alle loro famiglie, al grido di “Viva la Spagna”. Questa è la storia di Rogelio Cerón, uno di loro, un falangista ventenne volontario insieme ad altri 4 suoi amici, tutti arruolati alla milizia convinti di fare una rivoluzione per il bene della Spagna. I cinque falangisti, con la tipica divisa blu, fanno visita, in seguito ad una denuncia, ad un maestro repubblicano. Si recano in auto a casa sua Colpiscono con i pugni sulla porta, intimano di aprire.

I maestri sono i più pericolosi, diffondono certe idee fra gli alunni, propagano il comunismo.

Stride la serratura, la porta si apre di un palmo e vediamo un volto sopra una lampada a petrolio accesa. Con il peso del corpo Pedro Alberto spinge la porta e la spalanca del tutto facendo traballare l’uomo e la lampada. Dietro l’uomo c’è una famiglia, come sempre. Tutti gli occhi sono fissi sulle nostre uniformi falangiste, perciò non occorrono spiegazioni.

L’accusa è di cospirazione contro la Spagna, lo legano e lo portano via insieme al figlio primogenito di sedici anni, considerato già “un uomo”. Percorso un chilometro, l’uomo e il ragazzo vengono trascinati fuori dall’auto e il più giovane dei falangisti, appena diciottenne, estrae la pistola e li uccide.

Avremo percorso un chilometro dalla casa. Tiriamo fuori dall’auto padre e figlio, che si guardano, mentre noi guardiamo loro. Non c’è dubbio che formiamo due gruppi, due Spagne, come durante la guerra. Due Spagne silenziose. Qualcuno estrae la pistola: è Luis Ceberio, il più giovane di noi, ha solo diciott’anni. I rossi hanno ucciso suo padre l’anno scorso, a luglio. Prende per il braccio il figlio e lo allontana, ma Pedro Alberto con il dito gli indica il padre, e allora Luis si dirige verso quello alzando la pistola. A quel punto il silenzio viene rotto dal padre: «Mio figlio è innocente», dice, senza che gli tremi la voce.
Un secondo dopo crolla a terra, freddato dallo sparo di Luis alla tempia, all’unisono con l’urlo sordo del figlio: «No!». Luis torna dal figlio e spara per la seconda volta. I due cadaveri rimangono paralleli per terra, a parecchi metri di distanza dalla strada. La frase, l’urlo e i due spari aleggiano insieme nel silenzio. Nessuno si muove ancora. Pedro Alberto estrae la sua grossa pistola, si dirige verso la testa dell’uno e dell’altro e spara loro alla nuca. Per mettere in posizione la testa del figlio ha dovuto  muoverla con lo stivale.

Ma qualcosa è andato storto. Mentre si avviano con i prigionieri lo sguardo del figlio di dieci anni si concentra insistentemente su Rogelio e per lui niente sarà mai più lo stesso, quegli occhi gli rimarranno impressi nella memoria per sempre, occhi fissi, freddi, che non piangono, ma che promettono vendetta.
Il bambino lo fissa con odio, il suo sguardo lo trapassa, lui uno dei carnefici di suo padre e suo fratello. Così Rogelio si convince che tra sei anni, quando anche lui sarà diventato un uomo, il bambino porterà a termine la sua vendetta, dopo averlo sorvegliato ed essere cresciuto vicino a lui. Così diventerà l’ossessione di Rogelio e cambierà per sempre la sua vita.

Trent’anni dopo, gli abitanti del paesino si chiederanno quale mistero si celi dietro la figura solitaria di un pover’uomo, che da molto tempo conduce una vita da eremita prendendosi cura di un albero di fico, sopportando in silenzio l’assedio di un vicino convinto che sotto la pianta ci sia un tesoro. Cosa si nasconde, realmente, sotto quell’albero? Qual è il suo significato?

Per la prima volta nelle librerie italiane, con traduzione di Raul Schenardi, questo bel romanzo di Ramiro Pinilla, autore di culto del Novecento spagnolo riscoperto grazie all’autore Basco Fernando Aramburu, diventato famoso in Italia con Patria e Anni Lenti, che con la sua traduzione di Bruno Arpaia è arrivato finalista al Premio Caro alla traduzione 2019 aggiudicandosi il premio della critica.

L’albero della vergogna è un romanzo sulla vendetta e sul perdono, sulle sconfitte e le umiliazioni, sulla memoria di un popolo, le ferite di un’intera generazione e la forza dirompente della Storia, che entra nella quotidianità e la stravolge.
Lo stesso Aramburu ha detto di Ramiro Pinilla: «Un romanziere di rango superiore. Dubito che ce ne siano molti come lui. Fra i suoi romanzi L’albero della vergogna è uno dei miei preferiti».

La playlist che segue riporta solo tre pezzi citati nel libro: El che tenga el amor, canticchiata lungo una strada di campagna; Shahrazād, op. 35, una suite sinfonica composta da Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov nel 1888, ispirata alle Mille e una notte, in sottofondo quando Loreto, l’ex fidanzata di Rogelio lo va trovare nel suo eremo e cerca di sedurlo; Cara El sol, canticchiata dai falangisti. Per il resto sono state inserite: Eusko Gudariak, la canzone-simbolo dei combattenti baschi antifascisti durante la guerra civile spagnola e musiche basche varie di famosi gruppi che riproducono le tradizioni di un popolo solitario, combattente, che vive tra le montagne e il mare, considerato sia il suo amico più fidato che il rivale più ostile. Pastorale basca di Antonio Breschi e Enio Marfoli ricrea le atmosfere dei paesaggi e le canzoni italiane si collegano ai temi dell’eremita e dell’albero.

Editore: Fazi Editore

Ascolta la colonna sonora: https://open.spotify.com/playlist/0JOkbazbMMyXl5tPFNmdav?si=KFPx8nb5QO6df6Rsr1dUWw

La colonna sonora de “L’albero della vergogna” di Ramiro Pinilla
  1. El Que Tenga el Amor – Eskorzo
  2. Cara al sol – Falange Española
  3. Eusko Gudariak – Joseba Tapia 
  4. Libre – Ken Zazpi
  5. Itsasoa Gara – Ken Zazpi
  6. Udarako gau luzeak – Vendetta
  7. L’eremita – Max Gazzè  
  8. E ti vengo a cercare – Fanco Battiato
  9. Un uomo è un albero – Noemi
  10. Pastorale basca – Antonio Breschi
  11. Scheherazade op.35: I. II. II. IV. – Rimsky-Korsakov