Gli scrittori come le rockstar

Resoconto di due giorni al Festival della Letteratura di Mantova 2019 – https://www.festivaletteratura.it/it

di Davide Morresi


Un Festival della Letteratura che di fatto è un Festival della Cultura

La cultura in Italia non funziona, la politica la declassa, la gente la ignora, mancano i soldi, gli italiani non leggono, i più giovani stanno tutto il giorno con gli occhi sullo smartphone e se ne sbattono dei libri, e via dicendo. Beh… tutto vero!

Ma se si mette piede a Mantova durante i giorni del Festival della Letteratura, ci si rende conto che quella minoranza ancora appassionata alle parole stampate su fogli di carta rilegati (o impaginate in formato .epub), che ancora si emoziona di fronte alla letteratura in ogni suo genere, che sia narrativa o poesia, saggistica o teatro, storia o fantascienza… ecco, proprio quella minoranza lì, emana un’energia che da sola travolge come un riff di Angus Young. Perché non sbaglio nulla se dico che a Mantova ho trovato la stessa enfasi e la stessa euforia di un concerto rock. Ma sul palco non c’erano Bono Vox, Lady Gaga, Madonna o, se preferite, Jovanotti o i The Giornalisti. Sul palco, anzi, sui palchi, c’erano gli scrittori!

Gli scrittori sono le rockstar della cultura

Non ci credete? Andate in un festival del genere e vi renderete conto di quanto questa affermazione non abbia davvero nulla di esagerato.

Certo, come in ogni festival, ci sono gli artisti principali, quelli di punta, gli headliners, e i gruppi spalla, quelli che introducono, anticipano, salgono i palchi secondari, in orari meno comodi. Ma tutti, e dico davvero, TUTTI, hanno qualcosa da dire, e sono gran belle cose, per cui vale la pena fermarsi ad ascoltare. E spesso ad ascoltarli ci si perde tra i sogni.

Code di decine e decine di metri per una foto con il proprio beniamino, o per conquistare un autografo con dedica sulla prima pagina del suo ultimo libro appena acquistato o sul romanzo preferito di qualche anno prima, portato appositamente da casa. Proprio come fanno i fan di Vasco che lo seguono per farsi firmare il vinile di Liberi liberi.

Si attende con ansia l’apertura delle prevendite per conquistare un biglietto di ingresso. Ci sono eventi che vanno letteralmente a ruba e, come per un biglietto di Bruce Springsteen, o sei pronto a scattare, o è già tardi.
Ampi spazi, da centinaia e centinaia di posti, ricavati nelle piazze, nei palazzi storici, nelle chiese. Una volta lì, se si vogliono i posti migliori, ci si mette in attesa ben prima dell’apertura delle porte. Esattamente come chi si apposta all’apertura dei cancelli per conquistare la transenna.

Un concentrato di presentazioni, discussioni, riflessioni, eventi

Sono passato dal documentario Worlds of Ursula K. Le Guin, proiettato in lingua originale con sottotitoli in italiano, che mi ha permesso di conoscere Le Guin e i suoi romanzi fantasy (pubblicati in Italia da Mondadori, Nord, Salani), genere a me non molto conosciuto – ma ora ho voglia di recuperare tutta la sua bibliografia -, all’intervista fatta a Éric Vuillard (Edizioni E/O) da Siegmund Ginzberg (Feltrinelli, Bompiani), che, partendo dalle loro opere sul tema, hanno dialogato sulla seconda guerra mondiale e l’importanza della comunicazione nella propaganda nazista.

Sono finito quasi per caso da Piazza Mantegna, dove uno splendido Marco Gori ha spiegato, aiutandosi con un gessetto su una lavagna, di fronte a centinaia di persone arrampicate sui gradini della Basilica di Sant’Andrea, il ruolo del tempo nell’apprendimento umano e delle macchine, allo straordinario teatro Bibiena, dove la scozzese Annalena McAfee (Einaudi), tra l’altro ex direttrice della sezione Arte e Letteratura del Financial Times e fondatrice del Guardian Review – scusate se è poco -, ha detto la sua su come contrastare il virus della noia, il male di questo secolo. La intervistava Gaia Manzini (Mondadori, Laterza, Fandango).

E che dire della presentazione dell’italo americano Salvatore Scibona del suo nuovo romanzo “Il Volontario” (66th and 2nd), che ha visto la luce solo in seguito a dieci anni di studi e scrittura? Con lui c’era Stas’ Gawronski, conduttore di programmi culturali in Rai. Centinaia di persone ad ascoltarli nonostante la pioggia e nonostante fosse domenica mattina.

A seguire, Dino Baldi mi ha appassionato con le sue riflessioni, a ruota libera, un fiume di parole e ragionamenti, basati sul suo ultimo libro, una traduzione commentata della Germania di Tacito (Quodlibet). La sua passione mi ha fatto capire quanto, dopo duemila anni, ci siano tante situazioni che sono le stesse di allora. E quanto, nonostante siano passati due millenni, ci sia da imparare dall’antichità.
E dire che io di storia romana non ne so molto, anzi non ne so praticamente nulla, e mai mi sono sentito appassionato a tale argomento. Ma, ora, anche le opere latine stanno diventando interessanti. Ovviamente però le leggerei già tradotte!

Dacia Maraini (Rizzoli, BUR, Sem) è stata la protagonista del penultimo evento ascoltato, e lo slancio nel raccontare la sconfinata passione del padre Fosco (“Farfalle e ghiacciai”, Hoepli) per l’alpinismo ha generato un’ovazione sconfinata dell’intera piazza. Sembrava che anche i sanpietrini applaudissero con la gente.

Il gran finale (almeno per quella che è stata la mia, ora mi dico, troppo breve, permanenza al Festival) è arrivato con Dave Eggers (Feltrinelli, Mondadori) presentato da – ma sarebbe meglio dire che ha duettato con – Paolo Giordano (Mondadori, Einaudi). Un big della letteratura americana con un big della letteratura italiana, per il totale di due big della letteratura mondiale. Centinaia di persone, un’ora di dialoghi e battute; impossibile trasmettere il livello di profondità, ironia e intimità che faceva vibrare l’aria.

Ora, come dopo un festival rock con i nomi dei cantanti ascoltati, non mi resta che recuperare quelle duecento opere che ho segnato come “assolutamente da leggere” nei due giorni mantovani. Poi licenziarmi e passare il resto della vita a leggere.