Fughe possibili e impossibili in “Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa” di Francesca Mattei

di Stefano Ficagna


Edito da Pidgin il primo di marzo, Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa di Francesca Mattei è la prima raccolta di racconti dell’autrice e rappresenta anche la prima uscita italiana per la casa editrice. Diciassette racconti ambientati nella provincia, un microcosmo ovunque diverso ma caratterizzato spesso dalla stessa mancanza di prospettive, quella che i personaggi di Mattei affrontano cadendo nelle dipendenze o puntando all’autodistruzione, sia essa bruciando la propria casa o mortificando il proprio corpo.
Editore: Pidgin Edizioni.

La playlist

Ascolta su Spotify: Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa – Francesca Mattei

Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa è intriso di musica, diffusa nei bar dove gli avventori passano le serate a bere e pippare, risuonante come sottofondo alle cene fra amici o rimbombante nelle discoteche. Sono pochi i brani citati esplicitamente nel libro, fra cui un Johnny Cash d’annata che fa l’occhiolino già dal titolo del racconto My only sunshine, ma l’autrice ci ha aiutato a riempire i buchi scegliendo un brano per ogni episodio contenuto nella raccolta.

Possiamo immaginarci così la protagonista di Struttura ossea, colpita da una fascinazione profonda per il proprio cranio, vagare per le strade mentre risuona Where is my mind dei Pixies, oppure percepire le note di She’s lost control dei Joy Division nella mente sempre più spaesata della ragazza che in Le vespe di agosto si ritrova a presenziare ad una festa tra amici nel momento peggiore della sua vita. Mattei alterna grandi classici, come Imagine di John Lennon o Paranoid dei Black Sabbath (citate entrambe in Alle cinque al bar), a brani che arrivano dall’underground: molto punk ed emocore, nostrano e non, dai Fine Before You Came di Buio (da una strofa della canzone prende il titolo Ma tu non la senti) a Verme, Do Nascimiento, Bull Brigade e Kina, passando per la follia di Pop X per arrivare oltreoceano agli American Football.

La tracklist

  1. I’m not human at all – Sleep Party People
  2. Buio – Fine Before You Came
  3. Fiato – Do Nascimiento
  4. Where is my mind – Pixies
  5. Questi anni – Kina
  6. Valvonauta – Verdena
  7. Where do you go to (my Lovely) – Peter Sarstedt
  8. I’m that guy – Agar Agar
  9. Dens – Pop X
  10. Figlio – Verme
  11. I wanna be sedated – Ramones
  12. Strade smarrite – Bull Brigade
  13. She’s lost control – Joy Division
  14. Lost – Dermot Kennedy
  15. Imagine – John Lennon
  16. Paranoid – Black Sabbath
  17. My instincts are the enemy – American Football
  18. My only sunshine – Johnny Cash

Una storia di corpi

I racconti presenti ne Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa ruotano attorno a personaggi dalle esistenze disastrate, sofferenti dentro e spesso recanti le proprie ferite anche all’esterno.
La prosa di Francesca Mattei è asciutta, addirittura scarna, un modo di scrivere essenziale che risulta perfetto per storie in cui i corpi hanno un’importanza fondamentale.
Le protagoniste delle vicende si grattano via la pelle, ingoiano croste, accarezzano il proprio cranio o sono ossessionate da voci al loro interno. Esteriorizzano il dolore, arrivando a dimagrire all’eccesso anche quando tutti attorno ci tengono a ricordar loro che non avrebbero motivo per essere infelici (Smalto), o lo interiorizzano quando è il mondo esterno che si accanisce contro di loro, come la bambina protagonista di Nata per questo.

Le storie di Mattei sono ancorate ad una realtà di provincia di cui vediamo i lati più tristi e squallidi, ma che forse sono gli stessi che abbiamo spesso davanti agli occhi e fingiamo di non vedere. Alcool, droga e sesso sono mezzi validi per sconfiggere la noia di giornate passate a incontrare la stessa gente negli stessi bar (Salvo), e anche chi cerca di superare le proprie dipendenze è già conscio di non potercela fare (My only sunshine). C’è qualcosa di inquietante che attende al varco tutte queste vite, mostrandosi a volte in modo palese e ammantando le vicende di un’atmosfera surreale magistralmente ricreata, e forse l’unica soluzione valida alla fine è quella di andarsene bruciando tutto alle proprie spalle, come fa la protagonista del racconto che dà il titolo alla raccolta.

Un affresco di umanità dolente, in cui non è facile riconoscersi ma per cui riusciamo a provare empatia. Mattei punta al centro del loro dolore, riesce a mostrarlo senza sentimentalismi inutili e con questi racconti (alcuni dei quali apparsi precedentemente in varie riviste letterarie, come Narrandom, Clean e Split, quest’ultima emanazione della stessa Pidgin) dimostra di avere un futuro luminoso davanti a sé.


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