di Davide Morresi
L’altrove a cui va incontro è sempre sconosciuto, perché gli basta sapere da cosa sta scappando.
No future cantavano i Sex Pistols. Eppure quelli della generazione X, che credevano nella ribellione e che le buone idee, fuori da ogni corrente politica, avessero il potere di cambiare il mondo, un futuro lo hanno avuto, eccome se lo hanno avuto!
Chiuso il periodo peace and love sessantottino, la generazione seguente va oltre. Pace e amore da soli non bastano: c’è bisogno di un po’ di sana e buona rabbia. Poche chiacchiere e facciamoci sentire. Ed ecco allora i Sex Pistols, il punk, fiammata veloce e profondissima che cambierà tutte le carte nel mazzo, e poi il grunge, che aggiunge una buona dose di depressione alla ribellione, come a dire “Ecco, nemmeno con la rabbia abbiamo fatto granché, cosa ci rimane ora?”.
Questa è la domanda del libro: cosa rimane della generazione X? Ben poco. O forse tutto.
Le due persone che ho sopra nella piramide aziendale, ora sedute accanto a me al tavolo, ragionano entrambi per convenienza. E io tendo a non fidarmi di chi ragiona per convenienza, specialmente in una città come questa, dove la colpa è sempre di chi perde.
Il no future urlato al cielo con i Sex Pistols diventerà presto I’m still alive, sempre urlato al cielo, ma questa volta con i Pearl Jam, e quasi sembra di sentire pure il sospiro di sollievo finale per essere riusciti a sopravvivere (più che i Pearl Jam, nel libro si citano più volte i Nirvana, ma il senso è quello, anche se per i Nirvana tutto si può tranne che parlare di sopravvivenza, quella che invece pare essere ben radicata nel protagonista Uva). Quel no future ora stona un po’ sulla bocca di quelli che nel frattempo, dagli Anni Novanta agli anni Dieci, sono diventati bancari, pubblicitari, contabili, politici e ottimi commerciali che venderebbero pure la madre per una provvigione in più. Quel no future ora ha un sapore amaro, ma non l’amaro godibile di una birra (e che, oggi, sia artigianale eh, mi raccomando!), piuttosto l’amaro che fa ribrezzo, quello che nasce dai propri ideali persi, svaniti, fagocitati e defecati dal sistema. Quale sistema? Non è dato saperlo. O forse si è deciso intenzionalmente di non volerlo sapere. Che a scavare troppo si rischia di capire che il sistema siamo noi e che siamo stati noi a uccidere quel no future, mutato ora in un ok future fastidioso ma comodo (forse non è un caso che tra gli album che hanno segnato il passaggio dai Novanta ai Duemila ce ne sia uno che si intitola Ok Computer). In fondo è ancora più che valido uno dei monologhi più illuminanti dei Nineties: Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia, scegliete un maxitelevisore del cazzo, scegliete lavatrice, macchina, lettore cd e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete mutuo a interessi fissi, scegliete una prima casa…
UVA. Una Vita Altrove è IL romanzo attuale della Generazione X, la generazione dell’incognita. Quella X tanto illuminante quanto pesante: eccoci, non possiamo (o non vogliamo?) essere definiti, ci sta bene così, siamo una Ics. Noi non ci siamo riusciti, risolvetela voi l’equazione, se ne siete capaci.
UVA. Una Vita Altrove è il romanzo che mancava. Fuori dai perbenismi e con uno sguardo dall’alto dell’esperienza di chi certe situazioni le ha vissute (e ci ha lasciato un pezzo d’anima), Giovanni Capotombolo costruisce una storia che parte dalla scoperta dei Sex Pistols e attraversa circa un ventennio a suon di musica. Una canzone fa da sottotitolo a ogni capitolo, con tanto di playlist ascoltabile da Spotify. Ma di brani ce ne sono a decine, il testo suda sonorità a ogni capo riga.
Chi appartiene alla generazione X non farà fatica a immedesimarsi nei personaggi, nel protagonista UVA in primis, ma anche in tutti gli altri, compreso lo scapestrato e vagabondo Wally, l’unico che, apparentemente, sembra aver mantenuto il suo credo anche dopo i vent’anni che hanno cambiato tutto (Scegliete il futuro, scegliete la vita) e che per questo, se all’inizio sembra il vincente, colui che ha capito che il mondo va succhiato e non subito, alla fine, proprio perché fermo ai principi di vent’anni prima, diventa il perdente, quello che non è stato capace di costruire (apparentemente) nulla nella vita. Ma il punto è: chi lo dice che si deve costruire qualcosa per stare bene?
La musica in UVA. Una Vita Altrove
Ascolta la playlist su Spotify: Uva Una vita altrove
Ogni pagina emana note e ribellione. Il rock la fa da padrone, ma i riferimenti musicali sono continui.
All’inizio del romanzo i protagonisti sono adolescenti che suonano in una band. Poi si perdono, chi dietro a una carriera, chi dietro ai propri fantasmi, chi girando il mondo alla ricerca spasmodica e senza esito di un posto dove stare. I rapporti si sfilacciano e ognuno va per la sua strada. Qualcuno resta amico, quancun altro si tiene in contatto, altri ancora prendono le distanze.
In tutto questo, UVA. Una Vita Altrove è un raro caso italiano in cui la scrittura e la musica sono integrati in modo talmente fluido che è impossibile percepire una qualsiasi forzatura, come invece spesso accade in operazioni letterarie di questo tipo. Musica e narrazione convivono, si prendono per mano, si danno de tu, si scambiano opinioni e pareri, dialogano. Un romanzo di rara bellezza, come solo pochi autori sono riusciti finora, soprattutto in Italia (segnaliamo a tal proposito il romanzo Anni luce di Andrea Pomella e pressoché tutta la bibliografia di Gianluca Morozzi, come per es. Il libraio innamorato).
Ogni titolo di capitolo è accompagnato da un titolo di canzone (e già sono 43 brani). Ma la narrazione contiene molti altri riferimenti musicali: citazioni di frasi, titoli di brani, melodie che suonano in sottofondo da uno stereo o a tutto volume a un concerto…
Al libro è associata una playlist creata dall’autore stesso che comprende i brani legati ai capitoli e alcuni altri. Se sei un lettore che segue Read and Play, saprai sicuramente che la nostra caratteristica è di associare alla recensione del romanzo la playlist fatta con tutte le canzoni legate ai riferimenti musicali presenti nel testo. Ecco, in questo caso facciamo un’eccezione. Vi presentiamo direttamente la playlist dell’autore, che però non è né la playlist con tutti i brani citati (ne mancano diversi), né la playlist dei brani associati ai capitoli (ci sono tutti, ma la playlist ha più tracce).
Questa volta decidiamo, per la peculiarità del romanzo e per la sua qualità, di sostenere le scelte dell’autore. E, anzi, se ci leggerà, gli rivolgiamo una domanda: Giovanni, a parte i brani associati ai capitoli, quali criteri ti hanno guidato nella scelta?
Tornate a trovarci, perché se Giovanni ci risponderà, scriveremo qui la sua risposta in un aggiornamento.