di Cristina Nori
Se Vule Žurić fosse vissuto al tempo dei personaggi narrati nel suo libro, la Serbia di fine Settecento – inizio Ottocento, sarebbe stato un indimenticabile cronista.
Con il romanzo La ragazza dagli occhi di cenere l’autore si spoglia di sé stesso, delle certezze dell’uomo del nostro tempo, del conforto della razionalità e abbraccia il punto di vista dei suoi personaggi, immersi in un mondo dove ancora il conflitto fra scienza e credenze è aspro e tagliente.
Žurić si fa spettatore della peste che dissangua la regione serba dello Srem nel 1795 e la descrive attraverso lo sguardo dei due principali protagonisti della storia, il medico Andrija Budai e il prete Stevan Vezilic. Sono loro a dover fronteggiare l’epidemia che parte dal villaggio di Irig, centro di importanti scambi commerciali, ed evitare che il morbo si diffonda, contagiando parte dell’impero austro – ungarico.
I personaggi
I personaggi di Žurić sono quasi archetipi: Budai rappresenta la razionalità e l’ingegno dell’uomo di fine Ottocento, mentre in Vezilic c’è il primo seme di una religiosità che prova ad affrancarsi dall’oscurantismo e tentare un rapporto non conflittuale con la scienza.
C’è poi il vecchio prete, padre Pejic, che incarna la religione che va a braccetto con l’oppressione e con la superstizione, pronto a sacrificare la salute dei compaesani più per potere personale che per la gloria propria di Dio, e ancora uomini di legge, il prefetto e il colonello, impegnati a mantenere l’ordine in un territorio che è un crogiolo di lingue ed etnie, al punto che per comunicare, quando il serbo non basta, si deve ricorrere al tedesco o al latino.
Per ultima, anche se è una delle prime a comparire in scena, viene la ragazza dagli occhi di cenere, Serid Zade, personaggio misterioso, di pochissime parole.
Per lei parla il suo aspetto, la prossemica.
Qui l’autore mostra tutta la sua capacità di straniamento e regressione, degna delle novelle di Verga che affondano nelle credenze dei minatori siciliani, e lascia che siano gli altri personaggi a farci conoscere Serid.
Il volto della ragazza in bianco che, come nelle ballate popolari, si arrampica sul collo dell’uomo e poi lo uccide.
Il volto della morte.
Il volto della peste.
Il volto del contagio che, nonostante tutto il sapere e le infinite regole sanitarie, non erano riusciti a sconfiggere. Perché (…) la moria non era stata fermata dai medicinali, dall’isolamento, dal lavaggio e dalla pulizia, ma dalla noia.
Un libro tra romanzo e cronaca storica
Si potrebbe definire questo libro un ibrido, a metà fra il romanzo e la cronaca storica, povero di azione, ma ricchissimo di descrizioni puntuali e riferimenti letterari.
Sicuramente si può citare La peste di Camus e forse anche la pestilenza descritta da Manzoni ne I promessi sposi, visto che l’autore ha soggiornato in Italia tra il 1999 e il 2000 e conosce bene l’italiano.
Curava ammalati con le ferite infette, con le petecchie nere, gli sfoghi molteplici, le vesciche sulla pelle, le pustole nere, le caviglie blu, in preda agli ascessi, gli occhi infettati, accecati, ma anche quelli senza alcuno sfogo.
Vule Žurić adotta periodi ad ampio respiro, con grande uso di subordinate e coordinate, quindi lode al lavoro di traduzione dal serbo di Sergio Roic nel rendere questo fiume di parole.
L’autore è nato a Sarajevo nel 1944; ha scritto romanzi, racconti, sceneggiature e un libro per ragazzi.
La ragazza dagli occhi di cenere è pubblicato in Italia da Besa Muci Editore.
La soundtrack
Ascolta la colonna sonora: La ragazza dagli occhi di cenere – Vule Žurić
Il libro non cita esplicitamente alcuna canzone, quindi la playlist si ispira alla vicenda e ai personaggi.
In apertura e in chiusura, due brani d’autore italiani che prendono spunto dal tema della peste, rispettivamente dei Litfiba e di Vinicio Capossela.
Proseguiamo poi con Virus di Blaze Bayley e Immigrant Song dei Led Zeppelin, quest’ultima come specchio del protagonista, che si trova a fronteggiare l’epidemia in una terra per lui quasi sconosciuta.
Molte scene del romanzo sono ambientate nel lazzaretto e nei cimiteri, quindi abbiamo scelto Under the graveyard di Ozzy Osbourne e Potters field degli Anthrax.
Per parlare di superstizione, come l’incarnazione femminile della peste, ci spostiamo verso il pop e troviamo Superstition di Stevie Wonder e Superstitious degli Europe.
Infine chiudiamo con il dubbio che resta nella mente dei protagonisti: la ragazza dagli occhi di cenere è qualcosa di reale o una creatura soprannaturale? Lasciamo parlare i Black Sabbath con Black Sabbath e gli Iron Maiden con Seventh son of a seventh son.
Buona lettura e buon ascolto.
La tracklist
- Peste – Litfiba
- Virus – Blaze Bayley
- Immigrant song – Led Zeppelin
- Under the graveyard – Ozzy Osbourne
- Potters field – Anthrax
- Superstition – Stevie Wonder
- Superstitious – Europe
- Black Sabbath – Black Sabbath
- Seventh son of a seventh son – Iron Maiden
- La peste – Vinicio Capossela