di Cecilia Gariup
“Adesso vuoi del denaro?”
“No. No, padre. Non chiedo l’elemosina. Non siamo mendicanti. Ho un compenso che mi attende a Dublino. Vede, sono uno scrittore. Devo incontrare il mio… il mio editore.”
“Uno scrittore? Be, avrai bisogno di tutto l’aiuto di Dio, figliolo. Ecco… non è mica roba sconcia, vero? Non ho tempo per quelle cose.”
Mio padre fece un gran sorriso. “No. È… è poesia”
Il libro dei Gaeli è l’ultimo arrivato in casa Jimenez, e, come già ci ha abituati questa casa editrice anche con altri autori (uno su tutti Willy Vlautin), la storia racconta le avventure e le disavventure di persone normali, che vivono ai margini della società e che cercano la loro personalissima via verso il riscatto. La vicenda narrata è un vero e proprio viaggio, non in senso lato, ma in senso strettissimo. Il libro è un po’ un romanzo di formazione e un po’ un racconto picaresco. Fa un po’ ridere e fa anche tanto piangere. Dentro c’è la narrazione della vita, ma anche della morte. Ci sono il bello e il cattivo tempo di una famiglia, tutta la poesia dell’amore e tutto il dolore delle esistenze sfortunate. Questo è un libro che ti tiene ben stretto alle pagine, perché le sorti di Joseph, del suo fratellino Paul e di Fraser, il loro papà, ti coinvolgono da subito e fanno sì che Il libro dei Gaeli sia uno di quei libri da leggere tutto d’un fiato, con un ritmo serrato e un incedere sempre coinvolgente.
Il viaggio di Joseph, Paul e Fraser
Irlanda, anni ’70.
Fraser, il padre di Joseph e Paul, è un uomo perso, rimasto vedovo in circostanze tragiche, che cerca di elaborare il lutto con l’alcol e la poesia. È scozzese e vive con i suoi due figli in Irlanda, a Creagh. Quando uno degli editori a cui ha inviato le sue composizioni gli scrive dandogli un appuntamento a Dublino, non ci pensa su due volte e, completamente al verde, fa fagotto e parte per un viaggio di fortuna insieme ai bambini.
Lungo il loro peregrinare, i tre incontreranno moltissime difficoltà, qualche anima buona e diverse persone ostili. Partiranno da un paese di poche anime che ha da sempre disegnato i contorni fisici e semantici dei due bambini, per giungere a Dublino, la grande città. E qui le difficoltà si faranno sempre più importanti, con la povertà e la mancanza di cibo a scandire il ritmo della giornata.
Joseph, il figlio maggiore, è il narratore di questa storia, il bambino-uomo, quello che porta sulle spalle il peso di una famiglia maltrattata dalla vita e dalle disgrazie. È lui che, con grande fatica, durante tutto il viaggio, riesce a spargere amore, cura e sicurezza e a far sì che quel microcosmo in fase di disgregazione in qualche modo regga agli urti del caso. È il fratello grande, quello pieno di giudizio e di responsabilità, quello più coraggioso e furbo, anche se ha solo poco più di 10 anni. Anche se forse è quello che ha più bisogno di amore di tutti, per reggere. Anche se se la fa sotto dalla paura.
Li guardo sparire e mi trascino a gattoni verso Padre, Paul ci raggiunge nel mezzo e tutti e tre noi siamo ancora una volta un branco di poveracci, seduti nei bassifondi a piangere a dirotto.
Il libro dei Gaeli è pieno di disperazione e pizzica dentro, in fondo, perché la sofferenza dei bambini e l’infanzia negata sono temi dolorosi. Ma l’autore ha saputo molto bene alternare i momenti amari a episodi talmente pieni di amore famigliare e di solidarietà da restituire al lettore una dimensione di positività tinteggiata, a tratti, dall’umorismo divertente dei pensieri e delle parole senza filtro proprie dei bambini.
Il viaggio di Joseph, Paul e Fraser, è un viaggio dettato dall’amore, dalla speranza e dalla fiducia, in sé stessi e nel prossimo. Gli ostacoli fanno parte del cammino, ma l’unione e il legame profondo dei tre non si lascia scalfire da nulla. È un libro che racconta una storia vecchia come l’uomo, che fa parte di noi: parla della scelta di un padre imperfetto, per garantire un futuro migliore ai propri figli e per provare a costruire qualcosa, e parla dell’amore, che vince su tutto.
E della poesia, croce e delizia di ogni esistenza.
La playlist de Il libro dei Gaeli
Il libro dei Gaeli non fa alcun riferimento a canzoni precise, ma è comunque pieno di musica. Fraser è un poeta, ma, soprattutto quando il tasso alcolico e quello della disperazione raggiungono il livello ottimale, si improvvisa canzoniere. Le sue canzoni (come le sue poesie) parlano tutte dell’amore perduto, della felicità che scivola via e del ricordo di un passato dorato.
Padre è ancora lì e alla fine, finalmente, è ancora il suo turno di cantare e sento che viene chiamato e resto lì, attento… e lui canta, canta, canta la canzone di nostra madre: “If i had the love of home/ If i had the heart of a good man/ Surely, i would follow you anywhere/ Like a swan, returning home to Russia/ My love for you is my all…”
E io mi tiro su a sedere, sollevo lo sguardo e sulla sua guancia sottile e arrossata c’è una lacrima, che scende lentamente e ben presto cade, e subito ce ne sono parecchie altre, le mie.
James Yorkston, però, oltre a scrivere libri è un apprezzato cantautore folk con una carriera discografica ormai quasi ventennale. Indubbiamente le sue doti narrative pescano anche dalla sua esperienza di cantastorie, ed è per questo che ho pensato di proporvi qui di seguito una playlist di suoi pezzi.
La tracklist
- Surf song – James Yorkston, The Athletes
- Summer song – James Yorkston
- I awoke – James Yorkston
- Don’t let me down – James Yorkston
- Someplace simple – James Yorkston
- Tortoise regrets hare – James Yorkston
- When the haar rolls in – James Yorkston
- 6:30 is just way too early – James Yorkston, The Athletes
- Catch – James Yorkston
- Just as scared – James Yorkston
- Fellow man – James Yorkston
- My mouth ain’t no Bible – James Yorkston
- Struggle – James Yorkston
- Hold out for love – James Yorkston