di Stefano Ficagna
Uno dei meriti di parte della letteratura weird degli ultimi anni è quello di aver analizzato le pecche della nostra società, estremizzandone le storture e mostrandoci dove possiamo andare a sbattere e, molto spesso, dove stiamo già sbattendo contro un muro di cinismo e mero profitto. Christina Nike Gagliardi, che già dall’esergo in calce al suo libro prende come nume tutelare un nome grosso della letteratura fantastica e non come Julio Cortázar, si mette in scia a quest’onda e nei dodici brevi racconti del suo esordio Qui e altrove (edito dalla casa editrice viterbese Dialoghi) esplora il reame del perturbante, nascosto nelle pieghe di vite fatte di precarietà lavorativa, aspettative sociali e relative ansie.
La playlist
Ascolta la playlist su Spotify: Qui e altrove – Christina Nike Gagliardi
Non sono presenti musiche nel libro di Gagliardi, ma l’autrice ha deciso di creare per noi una playlist basata sulle atmosfere che voleva ottenere all’interno della raccolta. A spadroneggiare sono i Radiohead e Robert Wyatt, maestri nel creare con le loro musiche un velo di sottile inquietudine, ma c’è spazio anche per un’ossessiva Bjork, per la malinconica leggerezza di Elliott Smith e per gli oscuri labirinti intessuti dai Tool. Scelta originale quella di Fall into me di Alev Lenz, canzone estrapolata da uno dei migliori episodi di Black Mirror, serie che non può non influenzare chiunque si affacci verso narrazioni distopiche.
Fuga dalla realtà
L3 protagonist3 dei racconti di Gagliardi non se la passano bene. Possono essere vicini alla realizzazione dei loro sogni o essere addirittura, in rari casi, in posizioni di potere, ma queste situazioni non sono mai vissute con serenità: così la ricerca della casa ideale si intreccia con la difficoltà di ottenere il mutuo, un colloquio lavorativo porta con sé l’ansia da prestazione e persino dalla carica di Presidente di una nazione non si sogna altro che la fuga in una realtà più gestibile. All’interno di queste problematiche comuni si innesta spesso un sottotesto di inquietudine, creature demoniache intrappolate in stanze chiuse del proprio appartamento o demoni della mente che elidono il confine tra realtà e fantasia, portando le vicende in scenari apertamente weird o donando un alone fantastico ad accadimenti drammaticamente reali.
In quel momento un rumore proveniente dal capanno lo fece trasalire: indirizzò il fascio di luce verso una fessura che si apriva tra due assi di legno più malconce delle altre. Fu così che lo vide. Inizialmente non poté distinguere granché: il fascio di luce bianca, penetrando all’interno, si posò su quello che sembrava un cumulo di stracci sporchi. Poi, in un lasso di tempo che gli parve eterno, quel cumulo di stracci si mosse e – lentamente, molto lentamente – ne venne fuori qualcosa: lunghe e scurissime dita si fecero strada attraverso il tessuto. Salvo, che si era istintivamente accostato per distinguere meglio, poteva sentire il sangue pulsargli forte nelle tempie. Nella tremolante chiazza di luce bianca si profilarono a fatica un mento e una grande bocca, la pelle nera costellata di croste ripugnanti, e d’un tratto quella bocca si aprì lasciando intravedere un guizzo di denti candidi ed emettendo un greve e prolungato lamento.
da “Ricordo di un’estate”
Gagliardi è all’esordio letterario ma dimostra di avere ben chiaro ciò di cui vuole parlare. Che si tratti di precariato, immigrazione o animalismo le problematiche reali entrano sempre di prepotenza nelle sue storie riuscendo talvolta, soprattutto nei racconti L’appartamento, Lorelai e I commensali, a restituire l’ansia che provano l3 protagonst3. Alternando prima e terza persona l’autrice sperimenta parecchio anche a livello formale, mostrandoci il punto di vista di una scimmia o sfruttando l’escamotage della correzione di un tema per illustrare, attraverso gli occhi di uno studente e di una professoressa, uno spaccato di vita quotidiana in un piccolo paese, scadendo a volte nella retorica ma riuscendo a mantenere un legame empatico con tutti i personaggi, anche quelli che si macchiano di azioni terribili.
Che razza di donna sei?, è la domanda che le rivolgono gli occhi vacui della propria immagine riflessa, «Che razza di donna sei, non potrei mai stare con una donna con le mani ridotte così», le ha detto lui nel bar del loro secondo appuntamento.
L’orologio segna che sono quasi le dodici – quante ore, quanti giorni è rimasta incollata allo sgabello della toeletta? Probabilmente l’addetto alle risorse umane sta già sfogliando svogliatamente il mazzo dei curriculum vitae da esaminare e tra quelli c’è anche il suo, la piccola istantanea ritagliata, il viso truccato e i capelli fatti di fresco, e sotto, una moltitudine di lettere perfettamente allineate e accuratamente combinate a parlare di lei. A mentire su di lei. A tacere questo corpo che si piega su se stesso, tremante, sudato, scosso da contrazioni dolorose. Ogni volta che alza gli occhi, il suo riflesso la giudica senza ombra di pietà.
da “Lorelai”
Ed è allora che riporta la mano alla bocca, che i denti si chiudono avidi su ogni unghia.
Qui e altrove non è una raccolta esente da difetti, anche se ben mascherati da una buona dose di mestiere. La forma brevissima è spesso funzionale alle storie narrate ma certi racconti, come l’iniziale L’appartamento, avrebbero giovato di una trama di maggior respiro. C’è poi un utilizzo reiterato del finale ad effetto, telefonato in alcuni casi ma capace di strappare un sorriso amaro in Una convivenza difficile o di provocare un brivido in Giovanna, quest’ultimo altalenante a livello stilistico ma efficace nel trasmettere tensione.
La scrittura di Gagliardi ha margini di miglioramento ma la voce dell’autrice si sente, tanto nei temi quanto nelle atmosfere, rendendo Qui e altrove una lettura sicuramente interessante per chiunque frequenti il genere weird o voglia farsi avviluppare dalle sue spire perturbanti.