L’inizio della quarantena – marzo 2020

Read and Play & Book Advisor


Marzo 2020 è il mese che ha cambiato le nostre vite.
Non ci pareva vero, “Non può essere così grave” dicevamo, eppure eccoci, ora consapevoli, chiusi in casa come nel miglior romanzo distopico.

Libri e musica ci aiutano a reggere questa situazione che sta mettendo a dura prova tutte le nostre abitudini. Ci fanno viaggiare, come e più di prima, mentre non possiamo nemmeno uscire per una passeggiata.

Questa è la prima playlist di Read and Play & Book Advisor.
Arriva in un momento incredibile.
Come un meteorite improvviso che brucia nell’atmosfera.
E si chiama: L’inizio della quarantena.

Ascolta la playlist: https://open.spotify.com/playlist/6LSM82fMt1m8Kug1xbLvHj?si=2gzjEeJaS7q2kGlNeAaq1Q

1. Wrong side of the road – Tom Waits, scelta da Diego Frazzi per il libro Paradise city di Joe Thomas.
Nel 1978 esce Blue Valentine. Ancora una volta Waits sceglie di stare “dalla parte sbagliata”, proprio come il titolo di questa ballata, dalla parte di chi non ha voce ed è tagliato fuori dalla storia, di quei perdenti e di quegli emarginati descritti anche dal suo amico Bukowski.
2. La liesse est lovée – Ben Mazuè, scelta da Manlio Paparelli per il libro En attendant Bojangles di Olivier Bourdeaut.
Ben Mazué è un cantautore francese nato a Nizza nel 1981, ora vive a Parigi. La liesse est lovée è la traccia n. 4 di La Femme idéale, terzo album in studio, uscito nel 2017.
3. He called me baby – Candi Station, scelta da Francesca Ferraro per Donna delle pulizie di Stephanie Land.
Questo brano è stato scritto da Harlan Howard nel 1961 e si intitolava She called me baby. Nata come canzone country, è stato poi pubblicato più volte con arrangiamenti di vari generi. Nella sua versione femminile, la canzone è stata una delle migliori hit R&B di Candi Staton nel 1971.
4. Uma casa portuguesa – Amalia Rodriguez, scelta da Manlio Paparelli per “The free” di Willy Vlautin.
Il brano è uno dei più famosi della cantante Amalia Rodriguez, considerata la miglior esponente del genere canoro noto come fado, e riconosciuta a livello internazionale come la voce del Portogallo.
5. Right in two – Tool, scelta da Paola Mazzon per Questo sangue non è mio di Giovanni Lucchese.
Questa canzone è la traccia numero dieci di 10.000 days, quarto album della band, pubblicato nel 2006. La traccia descrive l’evento della ribellione angelica e del creazionismo cristiano dal punto di vista di Lucifero. Esso, secondo bibliche fonti, avrebbe corrotto truppe di angeli che si sarebbero unite a lui contro Dio, il quale aveva costretto tutti gli angeli ad inginocchiarsi alle nuove creature che avrebbero popolato la sfera immanente. Lucifero aveva in odio il libero arbitrio degli umani, paragonati a delle scimmie, e la loro capacità di scegliere cosa sia il Bene o il Male.
6. Why won’t you make up your mind? – Tame Impala, scelta da Marco Latini con la motivazione: “I Tame Impala sono un gruppo di rock psichedelico australiano. O almeno lo erano con i primi due album capolavoro, Innerspeaker (da cui è tratto il brano del giorno) e Lonerism. Poi inspiegabilmente c’è stata questa virata verso un sound molto più elettropop, a cui faccio ancora fatica ad abituarmi”.
7. Still life – Hollow Front, scelta da Rosita Ingenito per La strada di Cormac McCarthy.
Gli Hollow Front sono una band metalcore del Michigan. Si sono formati nel 2016 e Still life è il loro secondo EP. Contiene 7 canzoni (1 è un interludio).
8. Heart of gold – Neil Young, scelta da Lella Lalla Duosi per Va’ dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro.
Nei Young compose questo brano quando, impossibilitato a stare a lungo in piedi a causa di un infortunio alla schiena, non era in grado di suonare la sua chitarra elettrica. Allora passò alla chitarra acustica, che poteva suonare comodamente anche stando seduto o sdraiato. Oltre a comporre testo e musica alla chitarra, Young suonò inoltre l’armonica a bocca durante i tre intermezzi strumentali, inclusa l’introduzione.
9. Rest my chemistry – Interpol, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Gli Interpol sono un gruppo col quale ho sempre avuto un rapporto particolare. L’album d’esordio Turn on the bright lights è uno dei migliori album indie rock di sempre, Our Love to admire comprende dei picchi di pura maestosità come questa canzone. Ma ci sono stati anche dei buchi nell’acqua abbastanza clamorosi, così come non sempre esaltanti sono stati i side projects del loro leader Paul Banks. Eppure solo gli Interpol hanno saputo di creare brani che ti fanno sentire mille cose allo stesso tempo, come se ti portassero in un viaggio astrale alla costante ricerca di tè stesso”.
10. Separating – 12th, scelta da Paolo Latini per Lost children archive di Valeria Luiselli, con la motivazione: “Da uno dei dischi più interessanti di un 2019 che ha per me offerto una slavina di dischi eccellenti, ossia “…All You Beasts of the Forest” di 12th. 12th è lo pseudonimo che il giovanissimo Aaron Villand usa per fare musica, a oggi ha realizzato 6 album più o meno “ufficiali” o comunque presenti sui servizi di streaming. Sulla sua pagina Bandcamp ci sono tantissime altre sue registrazioni, nelle quali spazia da un folk psichedelico e casalingo a sonorità elettroniche molto vicine a quelle di Panda Bear o alle cose elettroniche di Sufjan Stevens. L’ultimo disco è forse il suo più compiuto e per certi versi maturo: ha un sound finalmente suo, una personalità ancora da smussare ma già ben definita e in alcuni pezzi ha dimostrato di saper maneggiare molto bene sia parti musicali (la lunga “Behemoth”) che contenuti testuali di una certa importanza. Su questa “Separating,” per esempio, parla di flussi migratori, cercando di edificare un collegamento tra le migrazioni bibliche e i migranti respinti dagli Stati Uniti. Aaron proviene da una cultura cristiana e in questo pezzo, ma forse in tutto il disco (il titolo è ripreso dal libro di Isaia— 56 : 9-12), cerca di additare alcune contraddizioni del cristianesimo, soprattutto quello praticato negli USA, dove i migranti vengono rifiutati spesso per ragioni tanto religiose quanto ipocrite. In sostanza Aaron Villand identifica nel Dio cristiano un alleato dei migranti che vengono rifiutati—paradossalmente—nel nome di Dio)”
11. Mouthful of diamonds – Phantogram, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Non è mai facile rispondere alla domanda qual è il tuo libro preferito. Ma sui dischi non ho alcun dubbio. A distanza di 11 anni lo ascolto come se fosse il primo giorno. Eyelid Movies è l’album di esordio dei Phantogram, un duo newyorkese che si destreggia con un dream pop elettronico in un mix di chitarre e tastiere dal sound assolutamente vorticoso. È uscito in questi giorni Ceremony, il loro quarto album, e devo riascoltare con attenzione. Ma l’apice toccato dal primo disco è a mio avviso irraggiungibile.”
12. Riders on the storm – The Doors, scelta da Francesca Brondi per “Quando lei era buona” di Philip Roth.
Secondo singolo estratto dell’album L.A.Woman, Riders on the storm è considerato l’ultimo brano registrato dalla formazione classica dei The Doors, con Jim Morrison come frontman, e l’ultima canzone da lui registrata ad essere pubblicata. Uscì nel 1971, poco prima della morte del leader del gruppo.
13. Carbonated – Mount Kimbie, scelta da Marco Latini con la motivazione: “I Mount Kimbie sono un duo londinese di musica elettronica. Il loro habitat naturale è la dubstep ma assieme ad artisti come James Blake, Burial e Four Tet hanno sempre fatto della sperimentazione e della sonorità ambient i loro cavalli di battaglia. Hanno all’attivo solo tre album, ma ciascuno di essi ha segnato una svolta nell’ambito della Dubstep e della musica elettronica in generale. Crooks & Lovers, da cui è tratta questa chicca, è il nuovo inizio, il sound elettronico che diventa musica sofisticata e ricercata. Cold Spring Fault Less Youth è la fase di transizione, mentre il passaggio definitivo al crossover e alle contaminazione con altri generi avviene con Love what Survives, un album pazzesco.”
14. Kaamos – Sentenced scelta da Eleonora Pizzi per Il mare dove non si tocca di Fabio Genovesi, con la motivaizone: “Il kaamos in finlandia è il periodo di buio totale, 24/7, del periodo invernale. Questa canzone, di un gruppo di Oulu, poco sotto al circolo polare artico, che ogni volta che li riascolto mi si straccia il cuore, la lego al periodo di buio assoluto di un personaggio di Il mare dove non si tocca, di Fabio Genovesi.”
15. The high road – Broken Bells, scelta da Marco Latini con la motivazione: “I Broken Bells sono un side project diventato poi un vero e proprio gruppo musicale, formato da James Mercer dei Shins e Danger Mouse, uno dei produttori indie più importanti della scena americana, noto per le sue collaborazioni ma sopratutto per aver formato con Cee Lo Green gli Gnarls Barkley. I Broken Bells hanno all’attivo due album, hanno cominciato quasi per scherzo ma sono presto diventati un punto di riferimento della musica alternativa. The High Road è la traccia che apre l’omonimo primo album, uno dei miei dischi preferiti di sempre.”
16. Jesus is a dying bedmaker – John Fahey, scelta da Antonio Benforte per Trilobiti di Breece Pancake.
Jesus is a Dying-Bed Maker si basa sulla tradizionale canzone musicale gospel In My Time of Dying, che è stata incisa da vari artisti, tra cui anche Bob Dylan e i Led Zeppelin.
17. Louise – Benny Goodman Orchestra, scelta da Davide Morresi per Sylvia di Leonard Michaels, con la motivazione: “Ho terminato pochi giorni fa Sylvia di Leonard Michaels. È la storia di un’ossessione d’amore che sprofonda in un inferno coniugale. È ispirato alla storia vera del suicidio della prima moglie dell’autore. Michaels parla spesso del potere salvifico di scrittura e musica. A volte andava con un amico ad ascoltare jazz: “Stavamo insieme per ore nei locali dove si suonava jazz, quasi senza parlare. Io avevo l’impressione di entrare in una trance musicale, di penetrare il senso di quell’attimo. Come era triste, o eccitante, o strano essere vivi negli anni Sessanta. Lo avvertivo nelle voci jazz dei locali bui e fumosi. Una notte, al bar del Birdland, con Willy al mio fianco, ascoltammo Sarah Vaughan. Cantava ‘Every little breeze seems to whisper Louise…’. Il sibilo nella rima breeze/Louise svanì. Lei lo annullò cantando e rese solo lo squisito mistero, quell’amore dolce e malinconico che era proprio della musica di quei giorni.” Di questo brano, Louise, non ho trovato una versione di Sarah Vaughan. Probabilmente è stata fatta solo live e mai incisa. O forse è una libertà narrativa che l’autore ha deciso di prendersi. Magari qualcuno di voi sa dirmi di più. Comunque questo brano venne interpretato per la prima volta da Maurice Chevalier nel film “Innocents of Paris” del 1929. Venne poi inciso da vari artisti, tra cui anche Bing Crosby, Dean Martin e altri. Io vi propongo, come mia canzone del giorno, la versione strumentale per orchestra di Benny Goodman”.
18. Dolphin – Panda Bear, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Oggi si va di psichedelia pura. Panda Bear insieme ad Avey Tare è l’anima e il cervello di quel folle collettivo chiamato Animal Collective, un gruppo davvero difficile da definire perché ha un genere tutto suo che va dal neo psichedelico alla musica elettronica sperimentale. Gente che con una goccia d’acqua che cade in un catino riesce a costruire una base musicale. Panda Bear ha però una carriera da solista di tutto rilievo con ben 4 album all’attivo, Dolphin è tratto appunto dal più recente Buoys, l’album non tanto della rivoluzione ma della conferma e reinvenzione. Sì è passati dal più ritmato ed eccellente Tomboy a un disco più introspettivo ed intimista, dove rimane una malinconia di fondo ma si dà più spazio alle chitarre. Mentre rimane il tipico approccio del Collettivo con loop echi e samples vocali.”
19. Mladic – Godspeed You! Black Emperor, scelta da Stefano Ficagna per Veniva da Mariupol di Natascha Wodin.
I Godspeed You! (spesso abbreviati in GYBE! o GY!BE) sono un gruppo musicale canadese originario di Montréal attivo dal 1994. La band si è fermata nel 2003 e si è riunita alla fine del 2010.
20. Black – Pearl Jam, scelta da Federica Di Gloria per Chirù di Michela Murgia.
Eddie Vedder non voleva che Black fosse un singolo in alta rotazione per la sua natura intima, “così fragile che potrebbe sfracellarsi contro il muro dello show business. Certe canzoni semplicemente non sono fatte per finire tra un numero 5, numero 2 o numero 3. Non sono fatte per essere numeri”. Il brano però piacque talmente tanto al pubblico che venne trasmesso in rotazione dalle radio pur non essendo un singolo.
21. BTSTU – Jai Paul, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Nel 2007 questo talentuoso e giovane produttore londinese di origine indiana pubblica una demo su MySpace intitolata BTSTU, che avrà un enorme successo soltanto tre anni dopo. Nel 2013 succede però che un utente anonimo mette in vendita su Bandcamp 16 tracce prive di titolo, quello che doveva essere l’album di Jai Paul. La notizia fa rapidamente il giro di forum, blog e webzine. Poche ore dopo, le tracce non risultano più in vendita. Ma non solo. Lui sparisce totalmente dalla circolazione, subendo un fortissimo contraccolpo psicologico. Qualche anno più tardi riesce a fondare la propria etichetta e casa produttrice foriera di molti talenti e nel 2019 finalmente esce un album doppio con tutte le demo e gli inediti. Jai Paul ha contribuito a creare un genere di musica, ma poteva riscuotere molto più successo e riconoscimenti se il suo disco fosse uscito nei tempi e nei modi giusti. Oggi il modo di fare musica nel frattempo è variato molto. “Jai Paul è uno sportivo che si è infortunato e che è tornato in campo dopo molti anni: il suo talento può essere rimasto immutato, ma nel frattempo il modo di giocare è totalmente cambiato.”
22. Limit to your love – James Blake, scelta da Marco Latini con la motivazione: “James Blake non ha bisogno di molte presentazioni, la sua è una formazione classica da pianista con il pallino della musica elettronica. Il mondo in cui si muove è quello dei club londinesi, dove dilaga la dubstep di Burial e Kode9. James è una creatura dall’animo sensibile, il suo è un sound rarefatto, la sua voce malinconica cui si affianca una dimensione cantautoriale, in cui si canta di amori struggenti e cuori infranti. Progressivamente la musica di Blake assume una tonalità più nera avvicinandosi al mondo soul e rNb, provando anche ad approcciare altri generi e artisti. Cosa che personalmente in più occasioni ha denotato un certo smarrimento artistico.”
23. Clap hands – Tom Waits, scelta da Cecilia Gariup con la motivazione: “Un album che è come leggersi una raccolta di racconti, come andare a teatro. E la voce di Waits che ruggisce, vomita, ammalia..in un’atmosfera a metà strada tra il circo di Barnum, il Grang Guignol e le strade fumose di New York negli anni ’30. Insomma…un gran bel viaggio.”
24. I feel better – Hot Chip, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Gli Hot Chip sono un quintetto londinese di nerd scanzonati che fanno indietronica. Ma non fatevi ingannare dall’aspetto simpatico, questa è gente che ha fatto la storia di questo genere musicale condizionando il modo di fare elettropop. Con vari ep alle spalle, sei album e una carriera di dj e produttori, i Hot Chip hanno ormai un’esperienza ventennale che li ha portati a un equilibrio quasi perfetto tra l’appeal commerciale, l’inclinazione dance e un suono svagato ma sofisticato, pulito e ben definito. Tanto che il singolo Over and over ha letteralmente fatto scuola. L’approccio non smette mai di essere ironico e dissacrante, come lo dimostra il video di questo pezzo tratto dal quarto album One Life stand.”
25. When I grow up – Fever Ray, scelta da Marco Latini con la motivazione: “Fever Ray non è altri che Karin Andersson, una cantante svedese nota soprattutto per essere la voce del duo elettropop The Knife, formato con il fratello. È proprio durante una delle pause dai the knife che Karin decide nel 2009 di tentare un progetto da sola. Fever Ray. Il suo stile vocale è inconfondibile, contemporaneamente squillante e profondo, combinato e distorto tramite effetti di ogni tipo, mentre sul palco e nei suoi video tende a caratterizzarsi tramite l’uso di maschere e altri elementi teatrali.”
26. Somebody got murdered – The Clash, scelta da Davide Morresi per Meno di zero di Bret Easton Ellis con la motivazione: “Oggi vado con Somebody Got Murdered dei Clash, presa in prestito da un estratto di Meno di zero di Bret Easton Ellis, finito di leggere pochi giorni fa.
Julian si allontana di colpo e Finn lo chiama e io seguo Julian tra la folla ma lo perdo e cosí mi accendo una sigaretta e vado in bagno, ma è chiuso a chiave. I Clash cantano Somebody Got Murdered e io mi appoggio alla parete e mi copro di sudore freddo, e c’è un ragazzo che mi sembra di riconoscere seduto in una poltrona. Mi fissa dal fondo della stanza e io restituisco lo sguardo, confuso, chiedendomi chi sia e se mi conosca ma poi mi rendo conto che è inutile. Il ragazzo è fatto come una biglia e non mi vede, non vede più niente.
27. Blankenship – DIIV, scelta da Marco Latini con la motivazione: “I DIIV sono una band Dream pop/shoegaze americana che orbita tutta attorno al vocalist Zachary Cole Smith, tanto che inizialmente era nata come progetto solista. La band finora ha pubblicato tre album, Oishin, un omaggio alla psichedelia dura e pura, e Is there Is are, decisamente più orecchiabile ma non per questo meno elaborato, e Deceiver, l’album che conferma il talento di questa band. Tre dischi diversi ma estremamente belli. La storia di questo gruppo oscilla, o meglio, vacilla intorno alla storia travagliata del proprio leader, soprattutto per i suoi problemi di tossicodipendenza.”
28. Floating vibes – Surfer Blood, scelta da Marco Latini con la motivazione: “I Surfer Blood sono una rock band della Florida che, assieme ai Drums, Best Coast e Wavves, sono stati tra i maggiori esponenti indie del surf rock. Take it easy rappresenta secondo me in pieno lo spirito di questa band e del genere. Ovvero uno stile canzonatorio che in realtà cela una malinconia di fondo e un malessere esistenziale a cui si tenta in vano di sfuggire. I Surfer blood sono attivi dal 2009, il singolo d’esordio Swim e relativo album Astro Coast hanno riscontrato parecchio successo, così come i tre lavori successivi. Nel 2015 la band subisce un duro colpo. Uno dei membri originali della band, il chitarrista Fekete, è costretto a lasciare il gruppo per una grave malattia che lo porterà di lì a poco alla morte. Solo dopo due anni la band riuscirà a fare un altro disco.”
29. Miles – Harlan, scelta da Paolo Latini per The apartment di Teddy Wayne con la motivazione: “C’è un libro che ho letto da poco che è ambientato negli anni ’90, nell’autunno/inverno a cavallo tra 1996 e 1997 per la precisione, e ha una colonna sonora dichiarata nelle canzoni citate lungo le sue pagine, per quanto un po’ grossolana, blanda e banale: le solite hit a cavallo tra indie e mainstream dell’epoca. A me ha fatto venire in mente un disco di una giovanissima cantautrice di Memphis, Tenneesee che l’anno scorso ha pubblicato il suo primo disco, omonimo e autoprodotto. Lei fa musica sotto il nome di Harlan, perché … si chiama Harlan Hutton, e quindi va bene così. È un disco che sintetizza benissimo un po’ tutto l’indiepop anni ’90, a tratti vicino alla prima Juliana Hatfield, e che ha una freschezza e autenticità invidiabili. Il disco è uscito a giugno e negli ultimi sei mesi Harlan ha diviso il palco con Snail Mail, Of Montreal, Hovvdy, Chastity Belt e altri.”