di Eleonora Pizzi
E chi l’avrebbe mai detto che l’Anticristo ascolta il rock and roll anni ’50? Io no. Mi aspettavo qualcosa… non so… una sfiziosità croccantina tipo i Cadaveric Crematorium in mashup con gli Emperor, mixati da Burzum. E invece. Associazione troppo pigra. E dove c’è pigrizia, si sa, non sboccia nulla di interessante, né che porta benessere.
Buddy Holly, Ritchie Valens, The Big Bopper, Bobby Darin vengono canticchiati mentre il figlio del demonio affetta teste uman… no, scusate, pomodori. Affetta pomodori nella cucina di un orfanotrofio e ancheggia a ritmo di swing, canticchiando. Sul serio. Chiedete a TJ Klune, l’autore che di far deflagrare la pigrizia mentale è gran maestro, oltre che di rendere leggere e divertenti, sorridenti, le storie con protagonisti queer.
L’ispirazione del romanzo
La trama de La casa sul mare celeste è ispirata a una pratica brutale in uso in Canada da prima degli anni ’60 del Novecento, con un’intensificazione drammatica in quel decennio, proseguita più debolmente fino a terminare nei primi anni ’10 del Duemila, consistente nel prelevare i bambini indigeni dalle loro famiglie e comunità per farli “adottare” da nuclei familiari appartenenti alla borghesia d’origine europeo-canadese, senza alcun consenso né pregiudizio oggettivo nei confronti dei minori. Il motivo? Le famiglie indigene venivano ritenute inadatte a prendersi cura di loro. Attraverso le scuole residenziali prima e l’ingresso nel sistema di tutela (?) statale dei minori poi, circa 20.000 bimbi negli anni sono stati strappati alle loro mamme e ai loro papà, alla loro comunità e cultura di appartenenza, alle loro radici, in nome di una paura della diversità mascherata (malissimo) da predominio razzista e cieco delirio d’onnipotenza: una vera e propria tratta di esseri umani che alla fine degli anni ’10 del Duemila si stava replicando 3.000 km più a sud, al confine tra Stati Uniti e Messico, con le immagini contronatura di bambini in gabbie e genitori deportati, se ve ne ricordate. Questo ripetersi terrificante della storia ha innescato in TJ Klune la scintilla per la scrittura di “La casa sul mare celeste”, un romanzo che celebra e onora le differenze, con lo scopo di mostrare cosa succede quando alle persone, in particolare ai bambini, viene garantito un posto sicuro dove vivere, crescere, maturare ed essere amati per quello che sono.
L’assistente sociale sovrappeso omosessuale ligio al grigio dovere ministeriale che viene spedito in missione, o per meglio dire in investigazione, col preciso e malcelato scopo di avere un pretesto per chiudere l’orfanotrofio sull’isola sfolgorante dove risiede, lì confinato, un gruppo di bambini (particolarmente) magici; i bambini con poteri magici o aspetto mostruoso che la società fa finta di integrare, di includere, e invece, grazie al Ministero, fa sparire dalla circolazione con l’inserimento in scuole speciali in cui nessuno sa che fine facciano davvero; il direttore dell’orfanotrofio dalla reputazione raccontata come alquanto sospetta, in contrasto con i modi e i gesti effettivi, con un’altra caratteristica che non posso svelare, altrimenti sarebbe uno spoiler grosso quanto la spocchiosa odiosità della vicina di casa del protagonista. Insomma, un bell’accrocchio di devianze, no?
E ‘ste devianze, ma guarda un po’, agiscono per come credono e vivono per come sono e mostrano al mondo che, se solo il mondo ascoltasse, vedesse, toccasse con mano, saprebbe che non sono né l’aspetto né le capacità, tantomeno i gusti e le preferenze o il retaggio familiare a determinare la reale pericolosità di una persona. Dico, c’è il figlio del demonio tra i bambini dell’orfanotrofio!, e non torce mezzo capello a nessuno perché si sente amato e accolto. Reagisce in un solo episodio in cui viene attaccato da un tizio che lo insulta senza ascoltarlo. Ascoltare non costa nulla, no? Il massimo che si rischia è scoprire che si è in torto. Aiuto, che paura.
Editore: Mondadori

La tracklist
In grassetto le canzoni, le/gli artisti e i generi musicali citati nel libro; nel caso sia nominata/o una/un artista e non un suo brano specifico, la canzone nella playlist riferita all’artista citata/o è liberamente scelta da Read and play.
1. All I have to do is dream – The Everly Brothers
2. Wake up little Susie – The Everly Brothers
3. Beyond the sea – Bobby Darin
4. Dream lover – Bobby Darin
5. Searchin’ – The Coasters
6. Peggy Sue – Buddy Holly
7. That’ll be the day – Buddy Holly
8. Chantilly Lace – The Big Bopper
9. Why do fools fall in love – Frankie Lymon
10. We belong together – Ritchie Valens
11. Good hearted woman – Waylon Jennings
12. You send me – Sam Cooke
13. Earth angel – Penguins
14. True love ways – Buddy Holly
15. Ten commendments of love – Moonglows
16. Stand by me – Ben E. King
17. Sweet little sixteen – Chuck Berry
18. Sleep walk – Santo&Johnny
19. Smile – Nat King Cole
20. Tutti frutti – Little Richard
21. You will be my music – Frank Sinatra
22. Dream a little dream of me – Doris Day
La playlist
Ascolta la colonna sonora de La casa sul mare celeste su Spotify: La casa sul mare celeste – TJ Klune
The day the music died, il giorno in cui la musica morì, è per il romanzo un concetto, più che un evento, fondamentale: rappresenta e sintetizza tutti i contrasti dei personaggi, brutti e strani fuori, cattivi nell’aura percepita dall’esterno, teneri e sofferenti dentro. Musica – vita, gioventù – e morte – casualità, errore – si sono confusi in quel 3 febbraio del 1959 in Iowa come accoglienza e ottusità, destino e volontà si mescolano tra le righe di questa perla letteraria che TJ Klune dedica a chi lo ha “accompagnato fin dal principio: guardate dove siamo arrivati”.
A volte, pensò dentro la casa sul mare celeste, si può scegliere la vita che si vuole.
E, se si è abbastanza fortunati, magari quella vita ci sceglie a sua volta.