di Cristina Cantiani
Le pagine di questo libro sono un intarsio di violenza e amore. Violenza perché uno dei protagonisti è il capo della Sacra Corona Unita. Amore perché dove la violenza spesso si nasconde nei luoghi dove dovrebbe esserci affetto come prima regola, purtroppo.
Salento, campagne sperdute, massaie che cucinano, caldo afoso, paesini bianchi, ulivi e muri a secco nei campi, 1994. Questo non è solamente lo stereotipo da cartolina del Sud Italia delle vacanze, ma sono i dettagli che, disseminati tra le righe dell’opera, danno una connotazione spazio-temporale ben precisa. Lo scrittore è salentino e sceglie per il suo primo riuscitissimo debutto nel mondo della prosa di ambientare le vicende proprio nei suoi luoghi natali.
È in questa cornice che agiscono i personaggi. In particolare sono quattro quelli che possiamo definire come principali. Mimì, Arianna, Nicole e Veli sono i narratori che, a turno, divisi per capitoli, descrivono e comunicano i loro pensieri, sentimenti ed azioni. Questa polifonia permette alla vicenda una potente solidità e un inevitabile attaccamento del lettore ai protagonisti. Chiunque legge inizia a essere più vicino o, nel contempo, a giudicare e distaccarsi dai vari narratori dopo che ogni loro intimo pensiero è enucleato e messo a nudo.
Mimì è il capo della malavita locale, padre profondamente ferito dopo che suo figlio Michele, appena 15enne, si toglie la vita gettandosi dalla finestra di casa. Mimì scopre che la causa del malessere di suo figlio è stato il rifiuto/derisione ricevuti da una sua coetanea di scuola, Nicole. In particolare sembra che Michele, invaghito di Nicole, le abbia voluto donare un quaderno di poesie scritte appositamente da lui stesso. Nicole però sceglie di ridergli in faccia, provocando il disagio (evidentemente già latente) nel giovane Michele, fino a condurlo alla morte. Proprio questo gesto è significativo. Il distanziamento dalla poesia è un po’ quello che sta succedendo nella nostra società contemporanea e in fondo Nicole, rifiutando la purezza della poesia, è un po’ come se respingesse la vita stessa. Una poesia che poteva salvare tutto, il mondo stesso.
Mimì pensa a vendicare suo figlio e per questo organizza un rapimento intimidatorio di Nicole, come spesso ha scelto di fare con molte persone che gli hanno fatto qualche sgarro. Il prezzo da pagare è quello di essere rinchiusi in una casa solitaria in campagna per alcuni giorni. Una prigionia che può significare solo intimidazione e paura dell’ostaggio oppure, a volte, morte. Custode di questo luogo di reclusione è Veli. Lui che è stato costretto ad occupare quel ruolo di carceriere. E che ha dentro di sé i segni di un amore bruciato. La sua storia con Arianna, figlia di Mimì e sorella di Michele. Storia bella ma impossibile (per motivi che saranno poi spiegati andando avanti con la vicenda). Nel libro Veli ricorda alcuni dialoghi e alcuni momenti con Arianna e trasmette tutto il tormento delle sue cicatrici ancora doloranti. Il ricordo si sostituisce con il presente quando Nicole viene condotta da Veli per essere “imprigionata” con lui in quella casa sperduta. Si avvicenderanno paura, timore, dubbi, seduzione, forse innamoramento. Veli, guardando Nicole, anche se è poco più che una ragazzina, rivedrà nei suoi occhi Arianna.
Donaera riesce magistralmente a innescare un motore di morte, violenza, fragilità dell’animo dove alla fine “La bestia” si rivelerà essere in ognuno dei personaggi. Così come nella nostra società, anche in questa storia l’amore non sempre può salvare tutto se è malato, se è menzogna, conformismo. I traumi dei personaggi, la paura e il terrore non fanno altro che generare altro sangue e aggressività in una spirale senza fine, soprattutto all’interno del luogo più insidioso su questo pianeta (ahimè): la famiglia. Perché la bestia può essere chiunque!
Lo scrittore, che è prima di tutti un ottimo compositore di versi poetici, usa per arricchire la storia anche alcune delle poesie che Michele ha scritto a Nicole nella famosa raccolta negata. Una di queste, posta volutamente prima dell’incipit, è molto significativa, oltre che molto bella.
Si stipano gli incontri,
E le strade, e gli scontri,
Ed è tutto un andare:
Verso qualcuno che magari è te.
Sono tutti giovani tranne me:
Nell’andare vitale,
Sono tutti qualcuno tranne me:
Che resto tale e quale
Nel non essere nessuno: se non
Macchina a centotrenta
Dritta verso il burrone –
E se tu fossi almeno
Il burrone: ma tu sei la caduta
La musica che viene citata è soprattutto la musica di Kurt Cobain. Il simbolo del grunge anni ‘90 rappresenta il mito di Nicole e di Arianna, così come per molti altri ragazzini di quegli anni. Le canzoni di Kurt sono il rifugio fuori da scuola, quando si è in camera o quando si è in macchina. Rifugio come conseguenza al fatto che ognuno dei protagonisti è in fuga da qualcuno (la propria famiglia) o da se stessi, è stanco (molto spesso viene ripetuta la parola BASTA) e ha bisogno di solitudine ed evasione. “Come as you are. As a friend. As a friend. As a known enemy” diventa un disperato tentativo di riconnessione con gli altri in mezzo alla fuga.
Nella playlist del libro ci sono anche tantissimi pezzi di black e death metal con band come Enslaved, Dark Throne e Hellhammer. Queste band vengono solo citate nel libro, così ho scelto di aggiungere alla playlist uno dei brani più significativi di ciascun gruppo. Di sicuro non poteva esserci altra musica che questa a fare da sfondo sonoro. Insomma let’s rock!
Editore NNE
Ascolta la colonna sonora: https://open.spotify.com/playlist/445aTdqHwkdsG1SwXD8LwY?si=XUiqwG_QTv2pvADHlIVFag
- Come as you are – Nirvana
- Polly – Nirvana
- Alive – Pearl Jam
- I am on fire – Bruce Springsteen
- Ti sento – Matia Bazar
- Wasted years – Iron Maiden
- Transilvanian hunger – Darkthrone
- Dankelheit – Burzum
- Havenless – Enslaved
- The exorcist – Possessed
- Withstand the fall of time – Immortal
- Freezing moon – Mayhem
- Messiah – Hellhammer