di Davide Morresi
Ospite di questo articolo è uno scrittore che nel giro di poco tempo ha raggiunto il traguardo della sua seconda pubblicazione, con il libro Il compenso del destino, uscito recentemente per Edizioni Nisroch.
Il genere di Femia è il romanzo storico. Con il suo primo libro, Due soldi di carità, ha vinto il secondo premio al concorso internazionale “Le parole arrivano a noi dal passato” e il terzo premio al concorso internazionale “Città Cultura di Castrovillari”. Ora si propone al pubblico con la sua seconda opera. Abbiamo fatto alcune domande a Femia.
Parliamo de Il compenso del destino e della sua colonna sonora: lei ha scelto delle canzoni particolari alcune citate nel libro e altre aggiunte da lei per spiegare il significato del suo scritto. Partiamo dalla prima canzone che si trova nel romanzo “Amor amor amor” di Dea Garbaccio del 1945.
Questa canzone l’ho inserita per descrivere la prima storia d’amore che si incontra; il protagonista compra il disco nel 1950 circa, la canzone è del 1945. Ci sono cinque anni di differenza e ho scelto lei proprio per dimostrare che una volta passava molto tempo prima di poter ascoltare una canzone. Oggi viviamo in un mondo globalizzato e velocissimo grazie a internet, se esce una canzone nuova negli Stati Uniti, in tempo zero la ascoltiamo anche qui, una volta non era così. Mi piacerebbe che i giovani venissero a conoscenza del nostro passato che alla fine è anche il loro.
Alla storia d’amore tra Benedetto e Anna ho associato anche “Woman” di John Lennon perché i Beatles li ascoltavo da giovane, sono i miei ricordi di gioventù e questa canzone descrive perfettamente la mia idea di donna e il mio ideale stesso di amore.
Sappiamo che lei, però, è molto legato soprattutto a Lucio Battisti tant’è che da giovane cantava spesso le sue canzoni.
Sono sempre stato un ammiratore sfegatato di Battisti, non c’è una sola canzone che non mi piaccia e non mi faccia sognare. Lui aveva una voce particolare e ha dato vita a delle vere e proprie poesie grazie anche al suo amico Mogol. “Emozioni” la vedo benissimo per descrivere la crescita di Benedetto, il protagonista della prima parte, il libro si compone di tre parti che poi piano piano vi svelerò. Benedetto una sera quasi inconsapevolmente si ritrova in meditazione, rivede tutto il suo passato, riflette sul bene e sul male e arriva all’illuminazione; comprende il vero significato della vita, capisce che l’uomo non deve vivere per le cose materiali, ma amare incondizionatamente ogni cosa e ogni animale. Lui riesce a fare questo passaggio personale e si ritrova poi spiazzato perché intorno a sé, invece, vede tanta mediocrità, ma utilizza la sua saggezza per aiutare gli altri.
Il passaggio dell’illuminazione di Benedetto viene descritto anche attraverso altre canzoni.
Sarebbero tantissime le canzoni che possono descrivere quel momento così profondo ma io ho voluto scegliere “The word” dei Beatles , “Human” dei The Killers e “Imagine” di John Lennon. Le loro parole descrivono perfettamente il pensiero di Benedetto che è un bravissimo ragazzo cresciuto durante il periodo durissimo e odioso della guerra e che diventa amico di un ebreo scampato ai campi di concentramento. Lui sogna un mondo senza odio (e chi non lo sognerebbe), un mondo colmo di saggezza e amore.
Abbiamo detto che il romanzo è composto di tre parti, ce le può descrivere?
Volentieri. La prima parte, come già detto, ha inizio dal 1943, in piena seconda guerra mondiale e racconta la storia della famiglia Balbi concentrandosi su Benedetto, il figlio del partigiano Bruno. Dopo la guerra la storia si concentra sulla sua vita, sul suo amore per una ragazza di origini pugliesi da cui si trae spunto per raccontare la società dell’epoca, la questione dell’immigrazione dal sud e la differenza culturale tra il Nord e il Sud arrivando alla conclusione che, alla fine, non sono poi così diversi. Ho voluto anche parlare di Macario, un genio purtroppo dimenticato a cui Torino finora non ha dato la giusta importanza; io ho cercato di descriverlo per la persona che era realmente: un uomo semplice e per bene.
Nella seconda parte racconto la storia di Salvatore, un ragazzo che da Palermo decide di trasferirsi a Torino per migliorare la sua situazione economica. Durante dei lavori che svolge a Giaveno conosce Giada, l’amore della sua vita. La loro storia d’amore mi ha fatto venire in mente la canzone “Mystify” degli Inxs; Salvatore è completamente rapito da lei, ma, purtroppo, il destino li farà dividere: lui torna a Palermo per le vacanze e si scontra con la mafia locale per cui è costretto a partire per far perdere completamente le sue tracce. Decide di trasferirsi in Israele e da qui ricomincia la sua vita. Conosce Magdalena, fisicamente quasi identica a Giada, si sposa e adotta la figlia Sara (che ha lo stesso nome della sorellina di Giada che lui salvò da un tentativo di stupro da parte di due delinquenti). Torna poi a Palermo in incognito con la moglie e il figlio di un anno perché suo papà si era ammalato e da qui si perdono le loro tracce.
Nella terza parte mi concentro su Sara, la figlia di Magdalena, che ormai era rimasta sola, il padre, infatti, era morto quando lei aveva poco più di cinque anni. Sara cresce col nonno e con un’unica certezza: scoprire che fine avessero fatto sua mamma, il fratellino e Salvatore. Finalmente, ormai adulta, conosce un poliziotto che prende a cuore il suo caso e, oltre ad innamorarsi di lei, la aiuta a scoprire la verità dando un senso alla sua vita che fino ad allora era stata un continuo di sofferenze. È qui che ho pensato che la canzone “Don’t let the devil take another day” degli Stereophonics descriva bene la storia di Sara.
Ovviamente non vogliamo svelare il finale del libro, diciamo soltanto che restano aperti alcuni dubbi.
Esattamente. E’ un finale aperto, ma Sara riesce nel suo intento e aiuta anche Salvatore a coronare un suo sogno seppure lui non ci sia più.
Quindi finisce bene? È un romanzo ottimista?
Assolutamente sì come tutti i miei libri. Io sono un po’ come i protagonisti dei miei libri: odiamo le ingiustizie, amiamo tutte le creature viventi, la Terra su cui viviamo e siamo convinti che il bene trionferà.
È per questo motivo che come ultima canzone ha scelto “What a wonderful word” della leggenda Louis Armstrong?
Il mondo è stupendo, viviamo su un pianeta che ci ospita ed è bellissimo, ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno mentre noi lo trattiamo malissimo e questo mi riempie di rabbia. Noi umani dobbiamo fare molto di più, soprattutto imparare ad amarci. Nonostante tutte le cose brutte che fanno parte della nostra vita, il mondo è stupendo. Ricordiamocelo.
Signor Femia, un’ultima domanda: tornando per un attimo al suo primo romanzo, cosa si prova ad aver avuto così tanti riconoscimenti?
Sinceramente non me l’aspettavo, è una enorme soddisfazione per il lungo lavoro che c’è stato, ho impiegato 12 anni per scrivere Due soldi di carità, ci ho pensato moltissimo, scrivevo, cancellavo e riscrivevo. Nei miei libri cerco di riportare un po’ delle mie esperienze di vita, un po’ di saggezza, nel tentativo di trasferirla al lettore, nel buon auspicio che sia di aiuto per accrescere la propria consapevolezza di sé. Non tutti siamo sempre capaci di fare tesoro dei cambiamenti interni che ognuno di noi subisce nel corso della vita, a volte basta un piccolo aiuto.

La colonna sonora de “Il compenso del destino”
Ascolta la colonna sonora su Spotify: Il compenso del destino – Pietro Femia
La tracklist
- Amor amor amor – Dea Garbaccio
- Woman – John Lennon
- Emozioni – Lucio Battisti
- The word – The Beatles
- Human – The Killers
- Imagine – John Lennon
- Mystify – INXS
- Don’t let the devil take another day – Stereophonics
- What a wonderful world – Louis Armstrong