Gocce di veleno – Valeria Benatti

di Eleonora Pizzi


Tlin.
Le altre non sono niente, sei tu la mia preferita.

Tlin.
Io no, non sto bene, mi fai sentire come una geisha, e non mi piace.
Vieni qui, splendida geisha, fatti amare dal tuo vecchiaccio.

Tlin.
La mia sottomissione varrà il l’amore di lui, che dopo il sesso mi dice che senza di me non può stare. Queste parole sono il mio agognato premio, dopo le parolacce. Ho bisogno di sentirmi voluta, l’amore arriverà, ne sono sicura.

Tlin.
Le donne sono tutte puttane.

Tlin.
Sei la mia bimba adorata.

Tlin.
Finirà che ti ammazzo. Se mi tradisci, io ti ammazzo.
Appoggia la punta della lama fredda sulla mia pancia e la percorre tutta, dai seni al pube, dicendomi piano: “te la aprirò tutta così, la tua bella pancia, se mi tradirai”. Lo dice con tale dolcezza che sembra quasi una dichiarazione d’amore.

Tlin.
Bimba, sono io. Ho bisogno di vederti, mi manchi da morire. Vieni da me stasera, ti aspetto.

Tlin.
Ma non avete notato tutti che fianchi larghi ha Claudia?

Tlin.
Se tu mi lascerai, come ha fatto mia madre, io ne morirò.

Tlin.
Metti il vestito rosso alla Marilyn. Se sei con me puoi metterlo. Ma certo che non ci puoi uscire da sola! La mia donna non va a bere gli aperitivi con gli amici. La mia donna non abbraccia quando saluta, ma si limita a una stretta di mano. La mia donna non deve essere su Facebook, voglio che tu ti tolga da lì.

Tlin.
Dai, scherzavo!

Tlin.
Mi hai preso per il culo, me la pagherai, mi vendicherò, puttana. Lo sapevo che eri una troia, lo sapevo.

Tlin. Tlin. Tlin. E, ancora, tlin.

Queste sono alcune delle gocce di veleno che Manfredi inocula a Claudia, i due protagonisti del romanzo di Valeria Benatti, e l’elenco si allungherebbe ancora se prendessimo in considerazione quelle che le sono state iniettate dalla famiglia d’origine. Non solo si allungherebbe. Ogni altra goccia di veleno scaverebbe crateri vertiginosi e buchi superficiali nella profondità delle convinzioni di Claudia, la certezza di non meritare nulla, la persuasione di avere bisogno di un legame violento, che scambia per passionale. Del perché il tornado della sua inquietudine attiri a sé solo uomini superficiali, occasionali, narcisi patologici.

Questo libro è uno specchio lucidissimo, così pulito e brillante da abbacinare chi ci si riconosce, e da farlo mettere in moto. Un movimento di salvezza.
Questo libro è un pozzo abissale, rischiarato dalla torcia della scrittura chirurgica di Valeria, da cui chi non ha mai vissuto o incontrato situazioni similari può attingere secchi colmi di conoscenza ed empatia e imparare a filtrare la sporcizia del giudizio sulle vite degli altri.

La colonna sonora del romanzo è fatta dalle canzoni citate, brani di eros e thanatos intrecciati in un nodo (all’apparenza) inestricabile, perché incrostato con la colla del melodramma, del romanticismo sospirante e vacuo, che alimenta il mito, la patriarcale balla, o, come canticchiava il Trio Medusa, la grande-gigantesca-strepitosa cazzata!, per la quale d’amore si soffre.

D’amore si sorride. D’amore si respira. D’amore si vive.
Di violenza si soffre. Di narcisismo si soffre. Di mancanza di rispetto si soffre.
Di possesso si muore.

“Non è che se ami, ti ammali. Se ami, guarisci”. Parola e verità di Enrico Galiano.

Alcuni brani della nostra playlist non sono citati nel testo di Gocce di Veleno, ma li ho inseriti per dei riferimenti ai fatti o alle considerazioni che i personaggi compiono:
Barbablù, di Femina Ridens, perché il soprannome con cui Claudia riveste da subito Manfredi è proprio Barbablù, l’orco cattivo della fiaba che dietro una porta chiusa a chiave, e dalla cui chiave la bimba è preclusa, tiene nascosti i cadaveri di mille donne, e di cui un’interpretazione illuminante la dà Clarissa Pinkola Estés nel suo Donne che corrono con i lupi;
Spettri, dei Ministri, perché Claudia, dopo aver iniziato il proprio percorso di guarigione con una onlus che si occupa di aiuto alle donne vittime di violenza e con la psicologa volontaria di questo centro, “una persona che, che mi metta in ordine la vita”, capisce che il suo riuscire a sopportare la violenza è legato all’estraniazione dal proprio corpo quando escono gli spettri spaventosi di qualcosa di indicibile e indefinito (“abbiamo ancora dei problemi con gli spettri, coi desideri, con il calcare” incrostato dei condizionamenti precoci dell’infanzia), la cui scoperta sarà l’unica cura possibile per tornare ad abitare il proprio corpo e il proprio sé con consapevolezza e potere;
The bike song, di Mark Ronson, perché è l’allegria e la spensieratezza da cui Claudia si sente invadere e si lascia cullare mentre in un giorno di primavera sfreccia per la città in sella alla sua bici e tasta con mano per la prima volta la reale possibilità di stare bene;
Sono tornata, di Aida Cooper, dall’album “Kintsugi” dedicato a Mia Martini, perché la psicologa che segue Claudia usa la metafora dell’arte giapponese di riparare i cocci rotti non con colla invisibile per nascondere i fallimenti e il dolore, ma con colori dorati sgargianti, per sottolineare invece le cadute e, di conseguenza, le risalite, le rinascite. E come dice Diego Passoni, “i nostri fallimenti noi li usiamo come bigodini per farci la piega”.

Valeria Benatti è forza e dolcezza, amore per il prossimo e amore per sé stessi. Una donna capace di scrivere di temi estremamente dolorosi e respingenti in modo così preciso che dalla stretta della sua prosa non si può sfuggire, ed è un bene, perché di questi temi bisogna parlare, capire, aprirsi al cambiamento.

Editore: Giunti

Ascolta la colonna sonora: https://open.spotify.com/playlist/2YLmEkCj5yeGhilxwvk1Ot?si=2XfscOeHR0KkuNLcWzSfow

La colonna sonora di “Gocce di veleno” di Valeria Benatti
  1. Barbablù – Femina Ridens*
  2. Dance me to the end of love – Leonard Cohen (“Miss Violence” soundtrack)
  3. Indifferentemente – Mario Trevi
  4. La Traviata act 3 “Ah! Non più…” – Giuseppe Verdi
  5. La Traviata act 3 “Ah, Violetta!” – Giuseppe Verdi
  6. La Traviata act 3 “Prendi, quest’è l’immagine” – Giuseppe Verdi
  7. Spettri – Ministri*
  8. Papa don’t take no mess pt 1 – James Brown (“The Woodsman – Il Segreto” soundtrack)
  9. The dream – Jocelyn Pook (“La bestia nel cuore” soundtrack)
  10. Piano concerto n. 5 in E-flat major – Ludwig Van Beethoven
  11. The bike song – Mark Ronson*
  12. Sono tornata – Aida Cooper*

* canzoni non nominate nel libro