di Eleonora Pizzi
Quanto brillìo emana questo romanzo, quanta sorridente grazia equilibristica di Laura Campiglio nel destreggiarsi tra le parole e i concetti, perfetta metafora sintattica della maestria necessaria alla protagonista Anna Naldini per arrivare a mettere una X ogni sera sulla relativa casella del calendario della sua vita da neotrentacinquenne giornalista precaria della provincia altomilanese. Ogni dieci pagine mi è toccato alzarmi dal divano per recuperare il Devoto-Oli dallo scaffale in cima alla libreria e cercare la definizione di qualche termine aulico o desueto che sta lì incastonato in un’armonia ineccepibile tra perle di ironia e lapislazzuli di genio. Verrebbe magari da chiedersi, per un fugace istante, se ne valga la pena, di sfiancare così tanto le povere articolazioni delle ginocchia, stirare i muscoli della schiena e appesantire i bicipiti con la mole del vocabolario da consultare ogni 5 minuti, e lasciar perdere. Ma no, è impossibile. Perché privarsi dello sciamano di Carate Brianza, no, non è un’opzione contemplabile.
Randa mi ha fatto segno di abbassare la voce e mi si è avvicinata con fare carbonaro: “Facciamo a casa mia l’aperitivo con uno sciamano. Intendo uno vero. Cioè, in realtà è un tizio di Carate Brianza, ma è uno serio: […] pare che ti dia da bere un intruglio fatto con questa polverina magica per aprirti la visione…”
“Ah, quindi ‘sto tizio è un banale pusher di sostanze psicotrope che ha sempre spacciato in provincia e adesso per accalappiare una clientela più fighetta spaccia sé stesso per sciamano? Un genio del rebranding, lo sciamano brianzolo”.
Editore: Mondadori
La musica in “Caffé Voltaire”
Il nonno di Anna, al Pedar ‘d Lumé (il Pietro da Lomello, amena località che, declinata al diminutivo femminile, denota quella zona della Pianura Padana che, se avesse un proprio stemma, raffigurerebbe campi a perdita d’occhio, nebbia d’inverno e zanzare in estate, ndt) si esprime attraverso versi di opere liriche. Il suo augurio alla nipotina, fin da neonata, è stato “libiam ne’ lieti calici!” da La Traviata di Verdi. Anna assorbe durante l’infanzia e l’adolescenza il vasto patrimonio di passione incidentale per la lirica di nonno Pietro, divenendo così in grado di anticiparne le battute, completarle e persino immaginare quale atto d’opera tirerebbe in ballo per confortarla nei momenti in cui l’unico appiglio nell’universo è proprio lui, l’immortale nonno Pietro.
Tralasciando una personalissima deformazione mentale della sottoscritta, per la quale il titolo di questo romanzo non è Caffè Voltaire, ma l’ultimo verso delle strofe di Comunque Dada di Caparezza, un altro ritornello musicale che ritorna nel libro e che viene ripetuto dal nonno per consolarla quando da bambina Anna cadeva e si sbucciava le ginocchia rappresenta il perno della storia e del titolo: una canzone popolare francese ripresa da Victor Hugo ne I Miserabili.
Je suis tombé par terre
c’est la faute à Voltaire
Le nez dans le ruisseau
c’est la faute à Rousseau
Ascolta la colonna sonora: Caffè Voltaire – Laura Campiglio
La tracklist
- Destra-sinistra – Giorgio Gaber
- Rigoletto: Cortigiani, vil razza dannata – Giuseppe Verdi
- Tosca, atto 3: E lucean le stelle – Giacomo Puccini
- La Traviata, atto 1: Libiam ne’ lieti calici – Giuseppe Verdi
- La forza del destino, atto 4: Pace pace – Giuseppe Verdi
- La faute à Voltaire (Gavroche) – Les Misérables
- Falstaff, atto 3: Tutto nel mondo è burla – Giuseppe Verdi
- La Traviata, atto 1: Sempre libera – Giuseppe Verdi
- Jingle bells – Frank Sinatra
La musica citata in Caffè Voltaire, l’opera lirica, il teatro, la grandiosità degli allestimenti e i trionfi delle orchestre e dei cantanti, non sono atmosfera di sfondo, ma senso, completamento. Guida alle scelte. Conforto delle braccia e della voce del nonno, rifugio di sapori e tepori dell’infanzia per l’adulta-ma-non-troppo-perchè-a-35-anni-sei-l’eterna-giovane-precaria. Le arie dell’opera si sentono vibrare nelle corde dell’anima di nonno Pietro e di Anna, “cretina in incognito”, come si definisce lei stessa nel momento in cui il diabolico destino la fa, nientepopodimeno che, signore e signori, sdoppiare.
La trama e i (mitici) personaggi
Anna Naldini si trova a vestire i panni di un Voltaire del 2020 che sferza il candidato del centrosinistra nelle imminenti elezioni per il giornale nazionale di estrema destra che più di estrema destra non si può, e contemporaneamente indossa le scarpe del Rousseau 3.0 che demolisce il candidato del centrodestra alle medesime elezioni per il quotidiano così a sinistra che Marx ci avrebbe potuto scrivere solo le notizie di sport. Già questo impianto narrativo colloca il romanzo nella casella “ventata di freschezza”.
Se poi aggiungiamo personaggi del calibro di Jacaranda Migliavacca dell’Onda, l’amica-bulldozer trasformista di vita, o del piccolo Samir lo scudo umano, protagonista di un capitolo breve ma sufficiente a inciderlo nella memoria, o ancora lo Zani, di cui non rivelerò alcunché, vi tocca ahimè il piacere di scoprirlo da soli, allora non c’è nulla da fare: questo è il libro per chi vuole leggere di temi importanti e riflessioni profonde tra risate, sorrisi e brillantezza. E per chi desidera mettere levità nella politica e onore nell’etica.

Nessuno aveva avvisato che la sabbia era così dannatamente umida.
Ce ne scusiamo con la parte inferiore delle pagine da 196 a 258.