Bianco – Bret Easton Ellis

di Davide Morresi


Numerose recensioni idilliache e altrettante critiche feroci per questo libro che non è un romanzo, non è un autobiografia, non è un saggio. Ma allo stesso tempo è tutte queste tre cose insieme. Se Bret Easton Ellis voleva provocare, di certo è riuscito nel suo intento.

Bianco è un testo autobiografico in cui l’autore, a partire da alcune personali vicende di vita, sviluppa riflessioni su un mondo che cambia, anzi che è cambiato, in un modo troppo veloce, a cui Ellis, come molti, non riesce a tenere testa.

Una premessa: Ellis ha 55 anni, nasce in una famiglia benestante, con un padre appassionato di alcool e una madre appassionata di letteratura, dai quali erediterà entrambe le passioni. Il loro divorzio viene spesso additato come la genesi principale del distacco di Ellis per qualsiasi relazione personale o affettiva, che è uno dei tratti che hanno caratterizzato lo scrittore da sempre, e che ritroviamo anche in questo libro.
Pubblica il suo primo romanzo, Meno di zero, a 21 anni, e va subito incontro a un successo strepitoso.
Nel 1991 pubblica American Psycho, quel capolavoro che gli aprirà le porte dell’olimpo degli scrittori mondiali.
Nel 1999 esce Glamorama, che conferma il successo planetario.
Non va sempre tutto liscio nella sua vita, no, al contrario… ma Ellis è abituato, pur nella sofferenza, a vincere. Di fatto, anche quando non esisteva questa parola, Ellis era (e forse lo è ancora, a suo modo) un influencer, proprio come quelli contro cui si scaglia in alcuni passaggi di questo testo.

Lo scrittore non lo scrive in nessuna riga, ma nella prima metà di Bianco c’è una sorta di piè di pagina invisibile che dice: “Io so quello che dico, ho sofferto, ho un’esperienza senza eguali, eppure state seguendo gente che non sa nulla di come si sta al mondo, perché?”.
La non risposta che trova è solo una: il mondo è cambiato e ora non è necessario essere esperti o avere una grande esperienza in un settore, ora conta il perbenismo e l’apparenza (non necessariamente estetica, Ellis non si riferisce a questo, al contrario, si riferisce quasi esclusivamente ad un’apparenza di contenuto).
In poche parole: ora ha successo chi dice alla gente quello la gente vuole sentirsi dire. Tutto il resto viene categorizzato come sbagliato, da isolare, da eliminare, da bannare. Ellis identifica questa impossibilità di contraddittorio principalmente con la comunicazione sui social, oramai diventata la comunicazione più importante e influente in quasi ogni settore, da quello dello spettacolo a quello politico.

Quasi metà libro approfondisce quella che viene definita “cultura del consenso”, offrendo ottimi spunti di riflessione. A tale proposito, un lungo capitolo è intitolato “Twittare”.
Se la prende un po’ con tutto e tutti.
Parte dal principio, o quasi, dall’importanza che hanno avuto i film horror nella sua infanzia, per poi procedere fino ai giorni attuali, inserendo nella narrazione molti film che lo hanno accompagnato nel corso della vita, e citando artisti, attori e celebrità, insieme a una lunga serie di canzoni e riferimenti musicali che fanno da colonna sonora del libro (sono ben 66!) in perfetto stile cinematografico.

Parla della nascita del suo romanzo più famoso, American Psycho, di come sia stato scritto in un periodo in cui non era in sé per l’abuso di alcool e cocaina, e di come la sua scrittura sia diventata più tenebrosa dopo il lunedì nero di Manhattan.

Mi concentrai sul romanzo, che in quel periodo era diventato la mia sola fonte di lucidità.

E ne spiega chiaramente la tesi.

Alla fine degli anni Ottanta vidi tutto questo come una risposta appropriata a una società ossessionata dalla superficie delle cose e incline a ignorare qualsiasi cosa alludesse alle tenebre in agguato al di sotto di essa. Il romanzo sembrava un accurato resoconto dell’era reaganiana, con lo scandalo Iran-Contras a cui si alludeva nell’ultimo capitolo, e la violenza che vi serpeggiava all’interno era collegata alla mia frustrazione, e se non altro alludeva a qualcosa di reale e di tangibile in quell’epoca superficiale fatta di apparenze. Perché il sangue e le viscere erano veri, la morte era vera, lo stupro e l’omicidio erano veri – anche se nel mondo di American Psycho forse non erano piú veri della falsità della società che vi era rappresentata. Quella era la triste tesi del libro.

Ellis non risparmia alcuni pensieri sulle relazioni omosessuali, analizzate anch’esse attraverso alcuni film, come ad esempio Weekend, Moonlight e King Cobra, e di come nel corso del tempo si sia sviluppato un approccio conformista e politicamente corretto che di fatto isola i gay, e si chiede perché una persona viene trattata in maniera sostanzialmente diversa dopo aver fatto coming out.

L’attenzione di Ellis poi passa a come è cambiato il modo in cui le celebrità si propongono al pubblico. Nell’era dei social, dove ognuno è continuamente sotto osservazione e dove basta un attimo per essere additati come omofobi, razzisti, sessisti, o anche semplicemente stronzi, qualsiasi persona (non solo una celebrità) sente il bisogno di mettersi in mostra, di dire la sua opinione, come se fosse l’unica assoluta, senza contemplare che nel mondo esiste una cosa chiamata “comprensione” e un’altra chiamata “confronto”. In una situazione così descritta, dove ognuno può diventare hater con un tweet, o in risposta a qualsiasi tweet, la linea che si è diffusa è non dire niente di male per non creare contenziosi.
E, spesso, di mostrarsi come vittime, di qualsiasi tipo. Essere vittime sembra l’unico modo con cui poter generare l’approvazione diffusa sul web. Ellis ne parla con riferimento alla comunità gay, affermando che, pur avendo sempre difeso i diritti dei gay (per chi non lo sapesse, Ellis è omosessuale), spesso non ha tollerato come i gay vengono dipinti dai media. E nei media sono compresi i social e le reazioni delle persone sui social. Portando ad esempio vicende personali (in seguito a un suo tweet contro certi atteggiamenti vittimistici della comunità gay, Ellis afferma di aver visto svanire amicizie – che poi, se sono svanite con un tweet, evidentemente non erano amicizie, specifica lo scrittore –, di aver visto revocato un invito a un importante evento cinematografico, e di essere stato bersaglio di risposte e minacce da persone da tutto il mondo) Ellis giunge ad una conclusione: se stai al posto tuo, va tutto bene, ma se esprimi un disaccordo con il politicamente corretto che ci si aspetta da te, allora verrai linciato. E allarga questo concetto a tutte le situazioni in cui viene a mancare l’accettazione di un’opinione diversa dalla propria.

Quando una comunità si vanta delle sue diversità e della sua unicità e poi mette al bando la gente solo per come si esprime – non per atti di incitazione all’odio ma semplicemente perché non ne gradisce le opinioni – ecco che si mette in moto un fascismo corporativo che dovrebbe essere seriamente riconsiderato, non solo dalla comunità gay ma da tutti.

Ellis afferma come, in uno strano incastro di ruoli, quelli che si scagliano rabbiosamente contro un tweet non gradito diventano, in quell’occasione, haters, e a loro volta considerano che l’autore di quel tweet sia un hater.

All’epoca le persone si ascoltavano, e ricordo quello come un periodo in cui potevi essere fieramente convinto delle tue opinioni e apertamente critico senza essere considerato un troll e un hater da escludere dal mondo “civilizzato” se le tue idee erano diverse da quelle della maggioranza.

Bianco è un libro di pensieri e riflessioni su un mondo che Ellis non sta capendo. Le modalità di comunicare, le maniere con cui farsi spazio, le possibilità per mettersi in evidenza, sono ora ben diverse da quelle degli anni Ottanta e Novanta, quelli a cui lo scrittore si riferisce con nostalgia e rammarico. E, in fondo, Bianco sembra quasi voler essere una rivincita verso questo nuovo mondo a lui ostile. In effetti, da metà libro in poi, il piè di pagina non scritto di Ellis potrebbe essere: “Bene, ora vi dico io la mia su quanto siete idioti, e qui non potete commentarmi o sbattermi fuori, perché qui scrivo io e basta”. Il che non può che scatenare critiche feroci da più parti.

Ma veniamo alla colonna sonora di Bianco.
Tantissime e variegate canzoni vengono citate lungo tutto il testo: per rimarcare un’atmosfera, per identificare un tempo di narrazione o la colonna sonora di un film, per inquadrare meglio un episodio.
Dato che si parla di vicende personali della sua vita, in qualche modo questa può essere considerata anche la colonna sonora della vita di Bret Easton Ellis.

Editore: Einaudi

Ascolta la colonna sonora: https://open.spotify.com/playlist/2HY4ekLjgNp7AQ5HAEcwBA?si=eW2pTe3cQRC334UQmu_hNQ

La colonna sonora di “Bianco” di Bret Easton Ellis
  1. Burnin’ for you – Blue Öyster Cult
  2. Mr. Blue Sky – Electric Light Orchestra
  3. Stayin’ alive – Bee Gees
  4. Dance: ten; looks: three – Audrey Landers
  5. So you wanna be a boxer – Paul Williams
  6. People are strange – The Doors
  7. Los Angeles – X
  8. Hotel California – Eagles
  9. Call me – Blondie
  10. Could it be magic – Donna Summer
  11. The love I saw in you was just a marriage – Smokey Robinson & The Miracles
  12. Higher ground – Red Hot Chili Peppers
  13. Hazy shader of winter – The Bangles
  14. New sensation – Inxs
  15. Where the street have no name – U2
  16. (I’ve had) The time of my life – Bill Medley, Jennifer Warnes
  17. Who’s that girl – Madonna
  18. Le Jazz Hot – Glee Cast
  19. Manic Monday – The Bangles
  20. Bad reputation – Joan Jett & The Blackheatrs
  21. You can’t always get what you want – The Rolling Stones
  22. Cover me up – Jason Isbell
  23. Mama’s broken heart – Miranda Lambert
  24. In color – Jamey Johnson
  25. Whiskey lullaby – Brad Paisley, Alison Krauss
  26. Rainbow – Kacey Musgraves
  27. Weed instead of roses – Ashley Monroe
  28. Turtles all the way down – Sturgill Simpson
  29. Roller coaster – Luke Bryan
  30. Something more than free – Jason Isbell
  31. California riots – Jamey Johnson
  32. Instituzionalized – Kendrick Lamar, Bilal, Anna Wise, Snoop Dogg
  33. You oughta know – Alanis Morissette
  34. Everything is embarrassing – Sky Ferreira
  35. Hung up – Madonna
  36. Take it easy – Eagles
  37. Cold as ice – Foreigner
  38. Because the night – Patti Smith
  39. Shunkan Senitmental – Scandal
  40. My side of the bed – Susanna Hoffs
  41. Can’t help falling in love – Elvis Presley
  42. Hey Jude – The Beatles
  43. Start me up – The Rolling Stones
  44. Englishman in New York – Sting
  45. Close – Nick Jonas, Tove Lo
  46. In my feelings – Drake
  47. That’s what makes us great – Joe Grushhecky and The Houserockers feat. Bruce Springsteen
  48. That’s life – Frank Sinatra
  49. Summer wind – Frank Sinatra
  50. It was a very good year – Frank Sinatra
  51. Blue in green – Miles Davis
  52. Get up offa that thing – James Brown
  53. The lady is a trump – Frank Sinatra
  54. Fuck you – CeeLo Green
  55. Bad romance – Lady Gaga
  56. New light – John Mayer
  57. Runaway – Kanye West, Pusha T
  58. That’s what I like – Bruno Mars
  59. Beautiful day – U2
  60. Smooth criminal – Michael Jackson
  61. Shelter from the storm – Bob Dylan
  62. The way I am – Eminem
  63. Kill you – Eminem
  64. Tunnel of love – Bruce Springsteen
  65. Again – Janet Jackson
  66. Ordinary people – John Legend